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Gli ultrasuoni possono davvero combattere l’Alzheimer?

Una ricerca australiana dona nuove speranze ai malati di Alzheimer che potrebbero recuperare la memoria grazie a una cura basata sugli ultrasuoni in grado di spazzare via le placche amiloidi che provocano la malattia...

Alzheimer


Una ricerca australiana dona nuove speranze ai malati di Alzheimer che, grazie a una terapia basata sugli ultrasuoni, potrebbero vedere migliorare le loro condizioni. L’Alzheimer provoca una lenta e inesorabile perdita della memoria e a oggi purtroppo non ci sono cure utili per fermare il progressivo sviluppo della malattia. E’ davvero possibile che questa terapia funzioni davvero? Vediamo i dettagli.

Chi soffre di Alzheimer perde a mano a mano i ricordi e si smarrisce. Ma potrebbe non essere più così secondo alcuni ricercatori che hanno condotto un esperimento utilizzando una terapia a ultrasuoni su topi di laboratorio. I test hanno evidenziato una riduzione del 75% delle placche amiloidi che rappresentano la causa del Morbo di Alzheimer e che dunque verrebbero spazzate via con una terapia mirata. Combattendo le placche amiloidi, gli ultrasuoni sarebbero in grado dunque di ripulire il cervello e riconsegnare la memoria ai malati di Alzheimer. Una scoperta importante che potrebbe dunque dare nuova speranza a tutti coloro che ancora oggi lottano con una malattia considerata incurabile.

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Gerhard Leinenga e Jürgen Götz, che hanno curato la ricerca, individuano nella terapia a base di ultrasuoni una speranza concreta per gli affetti da questa malattia:

La terapia a base di ultrasuoni, soprattutto se applicata negli stadi iniziali dell’Alzheimer, quando le placche non hanno danneggiato irrimediabilmente le sinapsi e quindi il recupero della memoria è ancora parzialmente reversibile, può essere una valida strada da percorrere

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Senza contare poi che questa terapia potrebbe essere utilizzata senza l’aiuto di medicinali che molto spesso, se da una parte possono aiutare a monitorare la situazione dei pazienti, dall’altra possono provocare danni rischiosi al sistema cardiovascolare. Occorrerà adesso aspettare per capire se i buoni risultati ottenuti in laboratorio potranno essere ottenuti anche sull’uomo affetto da questa patologia…



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