Dal Mondo

Cina, addio ai campi di lavoro e alla legge sul figlio unico

Il paese asiatico ha annunciato la modifica a due tra le norme più discusse dell'intero sistema legislativo e giudiziario

La Cina si apre alla modernità, non solo sul fronte economico. Il Comitato Permanente dell’Assemblea Nazionale del Popolo, il cuore del potere legislativo della Repubblica popolare cinese, ha formalmente approvato la modifica a due tra le norme più discusse: quella riguardante i campi di lavoro forzato e la cosiddetta legge del figlio unico.
I provvedimenti erano stati approvati, in un primo tempo, già lo scorso novembre e si pensa potranno entrare pienamente in azione nel corso del 2014.
Per quanto riguarda i campi di lavoro, in cinese “liaojiao“, il governo cinese ha deciso che non è più tempo per la rieducazione forzata; e questo perché il sistema legale e giudiziario del paese ha raggiunto un livello tale da non rendere più necessario questo istituto così tanto discusso: il liaojiao era stato introdotto nel 1957 per far fronte alla microcriminalità e prevedeva la possibilità di internare nei campi fino a quattro anni chi si era reso responsabile di particolari reati, il tutto senza regolare processo. Secondo le stime dell’Onu, a ritrovare la libertà saranno circa 190mila persone.
L’altra novità, invece, riguarda la possibilità per le coppie urbane di avere più di un figlio, nel caso in cui uno dei genitori non abbia già fratelli o sorelle. Tuttavia, la riforma sul controllo delle nascite verrà controllata dai singoli parlamenti provinciali che dovranno decidere le tempistiche e le modalità con cui applicare la nuova legge. La norma sul figlio unico venne introdotta in Cina nel 1979, e prevedeva solo poche eccezioni come nel caso di minoranze etniche o per le coppie delle aree rurali, dove era consentito avere un secondo figlio nel caso in cui il primogenito fosse una femmina.



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