Ti consiglio una serie: Bad Boy non è Mare Fuori
Su Netflix tra le serie più viste regge Bad Boy la serie israeliana che ci porta in un carcere minorile dove succede davvero di tutto
Negli ultimi anni le serie TV che raccontano il mondo delle carceri minorili hanno trovato nuova linfa, mescolando realismo crudo e introspezione. Due titoli emblematici di questa tendenza arrivano da scenari molto diversi: Bad Boy, la serie israeliana ora disponibile su Netflix, e l’italiana Mare Fuori, ambientata nel carcere minorile di Napoli. Pur condividendo il tema centrale, le due produzioni adottano approcci narrativi profondamente diversi, sia nello stile che nell’intento.
Per la rubrica Ti consiglio una serie, oggi parliamo dunque di Bad Boy, la serie tra le 10 più viste su Netflix a maggio in Italia. Bad Boy, non è Mare Fuori e si vede. Un approccio narrativo completamente diverso ma soprattutto, un cast di attori giovanissimi, che non deludono le aspettative. Spicca senza dubbio alcuni, Dean Scheinman, che è interpretato da Guy Menaster.
Ti consiglio una serie: Bad Boy
Bad Boy si ispira alla vera storia del comico israeliano Daniel Chen, e sin dai primi episodi si distingue per un tono inaspettatamente cinico e sarcastico. Il carcere minorile israeliano non viene dipinto come un luogo di redenzione, ma piuttosto come un microcosmo violento e disfunzionale, dove la sopravvivenza è spesso legata alla capacità di adattarsi al peggio. Il protagonista, Dean, affronta la prigione con lo sguardo disilluso di chi ha perso l’innocenza troppo presto, ma la narrazione alterna flashback brutali a monologhi comici che offrono un filtro amaro, quasi grottesco, alla realtà dei fatti. Non c’è spazio per la retorica del “cambiamento possibile”, e questo rende la serie spiazzante ma straordinariamente autentica.
Lo si capisce sin dal primo episodio, quello in cui poche ore dopo il suo ingresso in carcere Dean assiste a un omicidio e dovrà subito capire da che parte stare: quella dei detenuti o quella della legge? Comprenderà sin dalle sue prime decisioni che il mondo dentro le mura carcerarie può essere anche peggiore di quello che ha lasciato fuori.
Bad Boy non è la Mare fuori israeliana
In contrasto, Mare Fuori punta su una narrazione più emotiva e lineare, dove i personaggi – sebbene complessi – sono spesso guidati dalla possibilità di riscatto. Il carcere minorile di Napoli diventa così non solo un luogo di punizione, ma anche di scoperta e crescita. I rapporti tra i ragazzi e con gli educatori sono centrali nella trama, e l’accento è posto sulle dinamiche familiari, sull’amicizia e sull’amore, anche in condizioni estreme. La regia abbraccia un’estetica quasi da romanzo di formazione, dove ogni errore diventa una tappa per tornare a sperare.
Le due serie, se non perchè ambientate in un carcere minorile, non hanno praticamente nulla in comune. In Bad Boy si affronta il tema della difficile convivenza tra arabi ed ebrei, oggi più attuale che mai. I rapporti che si costruiscono dietro le celle che non hanno nulla a che fare con clan, famiglie di appartenenza o altro. Un racconto molto più crudo, perchè non sono le sparatorie o lo stese a determinare quanto una serie possa raccontare qualcosa di realistico o meno.
In Mare fuori spesso molte delle dinamiche finiscono a “tarallucci e vino”, tra permessi, storie con finali inverosimili, e la legge che non sempre ci racconta quello che davvero succede in un carcere minorile, a differenza di Bad Boy che lo fa in modo nudo e crudo. Un carcere minorile non è un albergo, come spesso molti giovani spettatori di Mare Fuori hanno pensato e come viene raccontato in modo più che realistico invece in Bad Boy.
Bad Boy e Mare Fuori non parlano la stessa lingua, nemmeno sul piano visivo e sonoro. La serie israeliana è cupa, minimalista, claustrofobica, mentre quella italiana gioca molto di più con la luce, con la musica, con il pathos. In Bad Boy il sarcasmo è una difesa contro l’abisso, in Mare Fuori la fragilità è mostrata in tutta la sua vulnerabilità. Una differenza che non riguarda solo lo stile, ma anche la cultura da cui le due serie emergono: Israele racconta l’adolescenza come trauma da sopportare, l’Italia la immagina come una continua possibilità di rinascita.
Una rinascita che però per qualcuno arriva anche in Bad Boy, proprio come è successo al protagonista, che in carcere ha imparato a sfruttare la sua dote, la comicità e una volta scontata la pena, è riuscito a fare di quel dono un lavoro. Un messaggio di positività , nonostante tutto.