Dal Mondo

Battisti, respinto il ricorso: rischia l’espulsione dal Brasile

Nuovo episodio nel caso internazionale di Cesare Battisti. Il Supremo tribunale del Brasile respinge il ricorso per la revisione di una condanna per falsificazione del passaporto. Secondo la stampa brasiliana ora rischia l'espulsione


Cesare Battisti rischia l’espulsione dal Brasile. Dopo aver ottenuto la libertà e lo status di rifugiato politico nel paese sudamericano, scatendo feroci polemiche in Italia e quasi una crisi nei rapporti internazionali tra i due paesi, l’ex terrorista dei Pac e scrittore italiano rischia ora l’espulsione, secondo la stampa brasiliana, per aver falsificato i timbri del suo passaporto. La patata bollente passa ora nelle mani del ministro della Giustizia Josè Eduardo Cardozo.

 Il Supremo tribunale di giustizia brasiliano ha infatti respinto il ricorso presentato da Cesare Battisti per la revisione di una condanna per falsificazione di timbri sul passaporto. I giudici sono certi che Battisti, per altro in precedenza reo confesso, abbia falsificato quei timbri per entrare nel paese. La legislazione brasiliana prevede l’espulsione per chi falsifica documenti per ottenere l’ingresso o la permanenza in Brasile.

Battisti era arrivato a Fortaleza nel 2004 dopo anni di soggiorno in Francia, dove aveva potuto beneficiare della Dottrina Mitterand sul diritto d’asilo. Fermato e arrestato nel 2007 a Rio de Janeiro per le pendenze con la giustizia italiana, che l’ha condannato in contumacia all’ergastolo per 4 omicidi, di cui tre materialmente compiuti in concorso con altre persone e uno co-ideato, commessi durante gli anni di piombo in cui partecipò alle attività dei Pac, Proletari armati per il Comunismo, il suo caso è diventato internazionale nel 2009.

L’allora ministro della Giustizia brasiliano Tarso Genro rigettò la richiesta di estradizione italiana, paventando il rischio di persecuzione nei confronti di Battisti per le sue idee politiche. Ne nacque un lungo caso giudiziario a colpi di ricorsi, polemiche feroci e crisi diplomatiche che si concluse l’8 giugno 2011 con la ratifica da parte del Supremo Tribunale Federale della decisione di negare l’estradizione presa dal presidente Lula e la conseguente liberazione di Battisti e la concessione di un visto di permanenza in Brasile, che gli garantisce gli stessi diritti dei brasiliani, tranne quelli di voto ed elegibilità.

Oggi però il caso si arricchisce di un nuovo capitolo e la vita di Battisti torna sul filo, dove è sempre stata, dall’infanzia diffcile alla militanza nell’estrema sinistra, dal carcere alle evasioni rocambolesche, dalle fughe attraverso mezzo mondo alla scrittura di noir di successo.

Ora la patata bollente passa nelle mani del ministro Cardozo, che dovrà decidere se prevale la legge sull’immigrazione o il diritto d’asilo, ma è chiaro la decisione, qualunque essa sia, sarà ancora una volta politica. Intanto in Italia si sono riaccese le speranze di vedere Battisti scontare la sua pena e hanno ritrovato fiato anche i giustizialisti a corrente alternata. La deputata del Pdl Elvira Savino, già definita “la topolona” per il suo look aggressivo, ha commentato: “Ieri dal Brasile è arrivata una brutta notizia per l’Italia, la sconfitta con la Spagna. Oggi ne arriva una buona: il terrorista Cesare Battisti potrebbe essere espulso per aver falsificato i timbri sul passaporto. Lo aspettiamo in Italia a celle aperte“. Perchè quelle medesime celle dovrebbero restare chiuse per altri imputati, egualmente condannati dalla giustizia italiana, per i quali invece si parla di magistratura golpista e persecuzione giudiziaria, resta un mistero insondabile.



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