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Svizzera: dopo il referendum anti-immigrazione, rischio concreto di isolamento internazionale

Passa il referendum popolare contro l'immigrazione di massa. Una "giornata storica" per la Svizzera che potrebbe avere però ripercussioni preoccupanti per il Paese


Con il 68,17% dei consensi, gli svizzeri del Canton Ticino hanno dato il loro “stop” alla libera circolazione degli immigrati. Lo stesso risultato è stato ottenuto in altri 17 cantoni sancendo il secco no della Svizzera all’immigrazione di massa.

Gli svizzeri si sono pronunciati sull’iniziativa popolare del 14 febbraio 2012 “contro l’immigrazione di massa” che limita i permessi di dimora per stranieri con “tetti massimi annuali e contingenti annuali” applicabili a tutti i permessi per stranieri, inclusi i cittadini dell’Ue, i frontalieri e i richiedenti asilo. Ha vinto il sì ed ha sancito una “giornata storica” per la Nazione.

“Qui da noi il popolo è sovrano – ha dichiarato Sergio Savoia, deputato dei Verdi del Ticino – e ha appena detto all’Unione Europea e ai nostri governanti che la politica dell’entrate tutti non va bene. E abbiamo anche detto al padronato che non può più permettersi di comprimere i diritti dei lavoratori, né può farci perdere le nostre conquiste. Da domani – ha sottolineato Savoia – non cambia niente nei fatti, ma nel futuro immediato la Svizzera è obbligata a far saltare gli accordi con l’Europa. La libera circolazione dei lavoratori qui è finita per referendum popolare”.

Le cause del referendum – Il malcontento aleggiava già da tempo. Basti pensare ai cartelli che qualche anno fa raffiguravano noi italiani come topi intenti a mangiare il formaggio svizzero. Ed è facile spiegarne il motivo. Se cinque anni fa in Svizzera c’erano circa 35.000 frontalieri (lavoratori che dall’Italia attraversano la frontiera), oggi sono 60.000. Questa tipologia di lavoratori, più debole dei locali, si “accontentano” di stipendi che si aggirano dai 1.500 ai 1.700 euro, accattano di ricevere quindi meno del sussidio di disoccupazione della Svizzera che, udite udite, è di 2.000 euro al mese, come minimo. Una testimonianza eloquente delle cause del Sì al referendum è riportata oggi sulle pagine di Repubblica. A parlare è un garagista. Il suo nome è Attilio: “Qui le tasse pesano poco […] alcune centinaia di imprenditori italiani hanno lasciato la Brianza o il Nord Est e sono venuti qui. Ma hanno portato lavoro? Niente affatto: hanno aperto ditte tra Chiasso, Medrisio e Lugano portandosi il loro staff, i loro operai, tutto quanto dall’estero, quindi qui in Svizzera restano un poco di tasse in cambio di un gran casino alle dogane, dello smog che aumenta e del traffico”.

Il rischio – C’è chi ritiene quello di questo referendum “un risultato catastrofico”. Si tratta del sociologo Jean Ziegler che, intervistato da Repubblica scrive: “Di fatto si torna al vecchio Statuto degli stagionali, una vergogna. Chi veniva in Svizzera con contratto limitato non poteva portare famiglia. Ora succederà lo stesso: ogni cantone avrà un numero contingentato di permessi, che non utilizzerà per le famiglie.” Alla domanda postagli dal giornalista Giampaolo Cadalanu E ora cosa succederà? il sociologo ha risposto: “Il governo spera di trovare una via d’uscita, se Bruxelles accetterà l’annullamento del solo patto di libera circolazione. Altrimenti alla Svizzera rimangono due possibilità. Può entrare nell’Unione, accettandone tutte le normative, oppure restare in totale isolamento. Ma in questo caso, come potrà compensare la perdita dei rapporti con l’Unione Europea? Il 67% dell’export svizzero va nei Paesi Ue”.

Quella che in molti hanno definito “un’ondata xenofoba” potrebbe avere quindi diverse conseguenze nefaste per la Svizzera. Oltre alle complicazioni citate da Ziegler, potrebbero addirittura saltare anche gli accordi di Shengen, che dal 2008 hanno abolito i controlli alle frontiere. Infine, in odore di elezioni politiche europee, la Svizzera sembra aver dettato la sua linea e la destra xenofoba ha fatto un passo avanti.



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