Attualità Italiana

Facebook apre i server per smascherare un pedofilo

Attraverso Facebook i pedofili adescano i ragazzini ma grazie al social network questa volta è stato possibile indagare


Storica decisione da parte di Facebook, il social network più utilizzato tra i giovani, che ha consentito a un giudice milanese l’accesso al server per indagare su alcuni casi di pedofilia nel capoluogo lombardo. Si tratta di un presunto pedofilo che, secondo gli inquirenti, avrebbe contattato numerose ragazzine con l’intento di farsi inviare da esse immagini e fotografie dal contenuto osceno. L’uomo accusato è Gianluca Mascherpa, cinquantenne salentino, allenatore di pallavolo femminile, già condannato con rito abbreviato a 11 anni e quattro mesi di carcere per minorile e violenza sessuale.

Il cinquantenne avrebbe utilizzato un nickname falso «Simoroller» su Facebook, portando avanti “relazioni sentimentali virtuali” con numerose ragazzine, anche minori di 14 anni, inducendole a spogliarsi e compiere atti sessuali davanti alla webcam. Per far luce sul caso l’autorità giudiziaria italiana ha interpellato il social network di Mark Zuckerberg, attraverso una rogatoria negli Usa, affinché fosse messo a disposizione del giudice il contenuto delle conversazioni via chat tra l’uomo e le minorenni.

Durante l’interrogatorio avvenuto all’interno del carcere di San Vittore, Mascherma aveva fatto mettere a verbale di essere disposto anche a sottoporsi a castrazione chimica, palesando di essere vittima di una condizione psicologica personale incapace di autogestire. La richiesta dell’uomo, ovviamente, è stata respinta dal gup milanese Andrea Salemme, che non ha in alcun modo potuto prenderla in considerazione.

«È un precedente importante – commenta l’avvocato Valentina Frediani, esperta di privacy e internet, intervistata da Il Giornale – evidentemente, per reati di particolare valenza come questo e il terrorismo, la collaborazione internazionale va migliorando, anche se va tenuto presente che se i server fossero stati in Cina o in India non sarebbe stato altrettanto facile. Facebook, in casi simili, ha un motivo in più per agire quando ci si iscrive, si firma un contratto in cui si assicura che i dati forniti sono autentici. È così che l’azienda si tutela da usi illegali».

 



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