Economia

Fiat Chrysler: perché hanno scelto Londra come sede fiscale?

Fiat Chrysler ha scelto Londra come sede fiscale del gruppo. Si può discutere sulla moralità di una simile decisione ma la sua convenienza è innegabile. Ecco cinque motivi che si spiegano perchè


La notizia che il nuovo gruppo Fiat  Chrysler abbia scelto Londra come sede fiscale ha fatto discutere e provocato non poche polemiche. La ragione principale di una tale decisione è intuitiva: pagare meno tasse. Ma a quanto ammonta il risparmio stimato?

L’Italia è un Paese veramente così penalizzante per fare impresa? La strategia messa a punto dal governo inglese è quella di abbassare la pressione fiscale per agevolare le nuove imprese. Del resto già attraverso Cnh, la controllata Fiat operante nel settore più di nicchia dei veicoli industriali per agricoltura e edilizia, Sergio Marchionne e soci avevano avuto modo di testare i vantaggi di stabilire a Londra la propria nuova sede fiscale. Il primo parametro fiscale su cui si va a risparmiare non poco sono le tasse sui dividendi corporate, ovvero la cd corporate tax. Attualmente si paga il 21% ma dal prossimo anno scenderà ancora di un punto percentuale. Con queste cifre l’Inghilterra si impone come il Paese europeo con la tassazione più bassa, seconda solo all’Irlanda. Non ci sono inoltre tributi da pagare sui profitti: niente Irap quindi. E gli imprenditori italiani sanno quanto questa voce pesa. C’ è inoltre una legge europea (e l’Inghilterra è stata la prima ad adottarla) che vieta di tassare i dividendi versati dalle controllate alla società residente in territorio anglosassone. Gli imprenditori in Inghilterra non pagano ritenute alla fonte sui dividendi. Nello specifico delle Cfc, ossia le controlled foreign corporation, che sono in pratica le controllate estere inoltre le norme britanniche prevedono una tassazione minima al 5% per i flussi finanziari relativi ad operazioni interne. Ancora una volta stiamo parlando della tassazione più bassa a livello europeo. E da ultimo non bisogna trascurare la normativa inglese sui brevetti: l’aliquota sui diritti degli inventori è ferma al 10%, cosa non di poco conto per un’azienda automobilistica che guarda al futuro tecnologico delle quattro ruote.

 



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