Attualità Italiana

Guida al referendum 2011: come si vota, quando e perché

Nelle giornate del 12 e del 13 giugno prossimi, gli italiani saranno chiamati a espirimere le proprie preferenze riguardo al referendum abrogativo. Perché il referendum sia considerato valido, è necessario che si rechino a votare almeno il 50% più uno degli italiani aventi diritto. In caso contrario, ovvero se non si dovesse raggiungere il quorum, […]


Nelle giornate del 12 e del 13 giugno prossimi, gli italiani saranno chiamati a espirimere le proprie preferenze riguardo al referendum abrogativo. Perché il referendum sia considerato valido, è necessario che si rechino a votare almeno il 50% più uno degli italiani aventi diritto. In caso contrario, ovvero se non si dovesse raggiungere il quorum, sarebbe come se il referendum non ci fosse stato: saranno in tal caso gli esponenti politici a decidere il futuro del nostro Paese. Per questo motivo è importante andare a votare, indipendentemente da cosa si vota: ricordiamo che il referendum popolare è la massima espressione della volontà del popolo sovrano, principio cardine di una democrazia. Ma su cosa si vota? Si voterà per decidere il destino di acqua, energia e giurisdizione. Vediamo insieme nel dettaglio di che cosa si tratta.

SCHEDA ROSSA: Primo referendum sull’acqua
Con questo quesito referendario si propone l’abrogazione dell’articolo 23bis del decreto Ronchi del 25 giugno 2008, ovvero il decreto-legge per la privatizzazione della gestione dell’acqua. In Italia i servizi idrici sono affidati ai Comuni, che per legge devono associarsi in Ambiti Territoriali Ottimali (ATO). Con questo decreto, gli ATO verranno sostituiti da nuovi soggetti e i servizi idrici dovranno essere affidati, tramite gare aperte, in concessione ad aziende pubbliche e privati entro il 31 dicembre 2011. Oppure potrebbero costituire un Partenariato Pubblico Privato (PPP), ovvero un’azienda pubblica che cede il quaranta percento della società ad una privata.

Se vince il Sì, gli ATO non saranno obbligati a cedere le azioni ai privati entro il 31 dicembre 2011, anche se potranno comunque cederle in futuro. Secondo i comitati promotori, così facendo si eviterebbe di mettere i servizi idrici italiani in un mercato spesso vittima delle speculazioni finanziarie.

Se vince il no No, gli ATO diventeranno per legge società miste con almeno il quaranta percento di capitale privato entro la fine dell’anno.

SCHEDA GIALLA: Secondo referendum sull’acqua
Il secondo quesito sull’acqua propone l’abrogazione del comma 1 dell’art. 154 del Decreto Legislativo del 3 aprile 2006, n°152, limitatamente alla parte “dell’adeguatezza della remunerazione del capitale investito”. Questa norma prevede che la tariffa dell’erogazione dell’acqua deve essere calcolata tenendo in considerazione il capitale investito dal gestore (fino ad un massimo del 7%). In pratica il gestore dell’acqua otterrà profitti garantiti sulla tariffa, che ricaricherà poi sulla bolletta.
In caso vincano i Sì, le società che gestiscono l’acqua non potranno ottenere questi profitti dalla tariffe. In sostanza gli ATO ri-acquistarebbero le loro quote e reinvestirebbero nel settore solamente con risorse pubbliche.

I contrari al referendum sostengono che gli investimenti privati siano l’unico mezzo per migliorare il servizio e per evitare che i Comuni si indebitino per ri-acquistare le azioni cedute.

SCHEDA GRIGIA: Referendum sull’energia nucleare
Questo quesito è più complesso di quello che sembra, e vi spieghiamo il perché. L’Italia ha avuto quattro centrali nucleari dal 1963 fino al 1990. Una quinta non è stata costruita in seguito al referendum del 1987 in cui la maggioranza degli italiani si espresse a favore dell’abbandono dell’energia nucleare (era da poco avvenuto il disastro di Cernobyl). Scaduti i termini del referendum, nel 2008, l’attuale governo ha approvato una legge per consentire la “realizzazione nel territorio nazionale di impianti di produzione di energia nucleare”.
Uno dei quesiti del prossimo referendum chiedeva propio ai cittadini italiani se erano d’accordo o meno con l’abrogazione di questa legge.
In seguito all’incidente di Fukushima la preoccupazione per le centrali atomiche è cresciuta e con lei la probabilità che, sull’onda dell’emozione per quanto accaduto in Giappone, il quesito sul nucleare potesse raggiungere il quorum. Il governo, nel timore che si raggiungesse il quorum anche per gli altri quesiti grazie all’azione trainante del nucleare, ha congelato con decreto gli effetti della nuova legge rinviando, ma non abbandonando, la costruzione delle nuove centrali nucleari. Il quesito dunque, cosi come formulato, non aveva più ragione d’essere ma la Corte di Cassazione ha deciso mantenere valida la consultazione riformulando l’oggetto del quesito in: “Volete voi che siano abrogati i commi 1 e 8 dell’articolo 5 del decreto-legge del 31 marzo 2011 n°34 convertito con modificazioni della legge del 26 maggio 2011 n°75?”

SCHEDA VERDE CHIARO: Referendum sul legittimo impedimento
Il quarto quesito referendario vuole abrogare la legge sul legittimo impedimento approvata dal Parlamento il 7 aprile del 2010. Secondo le norme approvate, il presidente del Consiglio dei ministri e i ministri stessi possono rinviare le udienze dei processi che li riguardano ogni volta che, secondo un loro personale giudizio, non possono parteciparvi a causa di un “legittimo impedimento” legato alla propia attività parlamentare. Il 13 gennaio però la Corte Costituzionale ha modificato il testo della legge sul legittimo impedimento determinando che dovrà essere il giudice a decidere se gli impegni dell’imputato saranno “legittimi” tanto da mancare al processo. Quindi anche sul quarto quesito referendario c’è stata una modificazione sulla formulazione.
Nel caso vincano i Sì, il presidente del Consiglio e i vari ministri saranno considerati al pari di ogni cittadino di fronte la legge (come stabilito dal codice penale).

fonti: http://www.iljournal.it/

 



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