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Terremoto Giappone: tsunami e centrale nucleare è allarme rosso

Dopo il terremoto e lo tsumani, in Giappone continua l’allarme. Nella centrale nucleare di Fukushima, sulla costa orientale del Giappone, si sono verificate in mattinata due esplosioni al reattore n. 3. Vi sono stati 11 feriti tra personale operaio e gendarmeria, e altre 7 persone risultano disperse. La situazione di allarme, come ha poi assicurato […]

Dopo il terremoto e lo tsumani, in Giappone continua l’allarme. Nella centrale nucleare di Fukushima, sulla costa orientale del Giappone, si sono verificate in mattinata due esplosioni al reattore n. 3. Vi sono stati 11 feriti tra personale operaio e gendarmeria, e altre 7 persone risultano disperse. La situazione di allarme, come ha poi assicurato la TEPCO (la società che gestisce le centrali) attraverso l’agenzia Kyodo, sembra comunque essere rientrata. Ad ogni modo si trattava di un evento prevedibile. Già da ieri difatti, dopo lo scoppio analogo di sabato 12 al reattore n. 1, si era annunciato che il tentativo di riparare le barre di controllo al n. 3 era fallito e che si temeva prima o poi l’esplosione. Adesso l’attenzione si concentra sul reattore n. 2, dove risultano problemi al sistema di raffreddamento. Il portavoce del governo Yukio Edano ha detto che i tecnici sono pronti a gettare acqua marina nel reattore 2, come e’ stato fatto sabato per il primo. Intanto tutta la popolazione civile stanziata nei pressi dei due siti nucleari di Fukushima, circa 150.000, e’ stata evacuata (secondo fonti giapponesi sarebbero più di 180.000). Diversa e’ invece la situazione dell-impianto di raffreddamento del reattore n. 2 di Tokai che, secondo la Japan Atomic Power, ha ripreso a funzionare. La situazione e’ tale che il premier giapponese ha detto: “E’ il momento più difficile dalla fine della Seconda guerra mondiale: chiedo a tutti la massima unità“. Riguardo il pericolo radiazioni ha escluso una comparazione con Chernobyl affermando: “Questa è una situazione fondamentalmente diversa dall’ incidente di Chernobyl. Stiamo lavorando per evitare i danni causati dalla diffusione delle radizioni. Le radiazioni sono state rilasciate in aria, ma non ci sono rilevazioni che ci dicano che ciò sia avvenuto in grande misura“.

Continuano intanto gli accertamenti delle vittime dello tsunami. La regione più interessata e’ stata quella di Miyagi, dove sono state recuperate circa duemila vittime. Il bilancio, da 1.600 delle prime agenzie, e’ salito presto a 2.000. Nelle altre zone del Giappone si stima che siano perite (o disperse) altre 3.000 persone. Ma la polizia di Miyagi (il capo si dice più che sicuro) propende per l’ipotesi definitiva delle 10.000 vittime globali.

C’e’ peraltro ancora un grande rischio che riprendano le scosse. Sempre questa mattina la scossa di assestamento e’ stata di magnitudo 6.2, mentre la magnitudo generale di tutte le scosse avutesi finora in Giappone e’ stata valutata attorno a 9, cioè ad un livello tra i massimi mai registrati. Per i prossimi tre giorni si prevede che al 70% di possibilità vi sarà una nuova scossa di magnitudo 7. Riguardo la posizione geografica del Giappone nelle aree del globo ad alto rischio, Antonio Piersante, ricercatore dell’Istituto Italiano di Geologia e Vulcanologia, ha detto ad una agenzia: “Dopo l’evento di Sumatra e soprattutto dopo questo ultimo evento forse dovremmo seriamente considerare la possibilità che una qualsiasi parte dell’Anello di Fuoco potrebbe generare un terremoto di magnitudo 9 o superiore“.

 PER CAPIRE MEGLIO LA SITUAZIONE NUCLEARE

 La produzione di energia nucleare avviene attraverso un processo fisico (la c.d. reazione a catena ottenuta dalla scissione per fissione di atomi pesanti come l’uranio) che si sviluppa nel nocciolo, il quale e’ il cuore del reattore. Da qui l’energia prodotta viene trasferita, attraverso un particolare iter, ad un sistema che provvede alla conversione in energia elettrica da distribuire all’esterno. Per evitare che il processo di produzione di energia nucleare superi certi limiti vi sono diverse barre di controllo che vengono inserite di più o di meno nel nocciolo, a seconda del grado di contenimento che si vuole ottenere. Se queste sono completamente inserite nel nocciolo la reazione a catena si interrompe e, con essa quindi, si arresta la produzione di energia. Durante la produzione di energia il nocciolo lavora ad una temperatura notevole (di media si arriva ai 400 gradi), e per questo si utilizza l’acqua come raffreddamento.

In situazioni di emergenza, come un sisma, appare quindi ovvio che si proceda subito all’inserimento completo delle barre di controllo (la procedura in termini tecnici e’ detta SCRAM). In condizioni normali di arresto (quindi di perfetto SCRAM) il reattore rimane ad un piccolo stato di potenza propria (circa il 10% di solito, dovuta alle cause di interruzione della reazione a catena) per poco più di una decina di ore dopo l’arresto. Perciò il rischio di eventuali complicazioni e’ piuttosto basso in questo caso. Se però il completo inserimento delle barre non avviene, o non avviene correttamente (per esempio a causa delle scosse), la conseguenza e’ che il nocciolo si mantiene in un qualche stato di funzione, e quindi di potenza. Il pericolo aumenta se il sistema di raffreddamento viene meno, attraverso un malfunzionamento (sempre a causa del sisma) delle pompe o una rottura nelle tubature che portano acqua nel reattore. Il nocciolo raggiunge cos= temperature elevate, anche fino agli 800/900 gradi che, oltre a danneggiarlo o a fonderlo in parte, possono avere altre conseguenze.

Che cosa può succedere in queste situazioni? In stato di paralisi del raffreddamento, e quindi di temperatura elevata, si possono verificare reazioni chimiche tra l’acqua e il combustibile (il quale serve a produrre la reazione) che generano idrogeno e altri gas. La continua espansione dell’idrogeno genera un aumento della pressione interna al reattore che, in caso di avanzamento, neanche la gabbie di contenimento in cemento costruite appositamente riescono a contenere. Oppure vi può essere un contatto con l’aria, dovuto a crepe nel contenitore del nocciolo create dal sisma. In entrambi questi casi e’ noto che l’idrogeno e’ altamente infiammabile, e queste due sono le cause delle esplosioni del reattore n. 1 e n. 3. Nel primo la gabbia di contenimento e’ stata distrutta mentre nel secondo caso si e’ detto che la gabbia non era stata danneggiata, quindi verosimilmente v’e­ stato un contatto dell’idrogeno coll’ambiente esterno. Per evitare una esplosione anche al n. 2, dove, come si e’ detto prima, e’ necessario riportare lo stato di raffreddamento, che e’ ora precario, ad un livello normale. Per questa ragione si e’ parlato di utilizzare acqua di mare, come si era tentato per il n. 1.

Il rischio maggiore viene comunque dalla contaminazione delle radiazioni all’esterno. Se il contenitore di calcestruzzo che protegge il nocciolo viene danneggiato o dal sisma o dalla esplosione (il direttore della TEPCO ha detto che l’esplosione al reattore n. 3 e’ avvenuta in una delle scosse di assestamento), tutto dipende dal grado di radioattività rilevato. Al momento si hanno solo delle informazioni da verificare. E’ stato detto che il livello di radiazioni interno alla centrale e’ di 100 volte superiore al normale (con grave rischio per gli operai se fosse confermato). Dal canto suo il portavoce del governo Edano ha sostenuto che il volume delle radiazioni stava scendendo rapidamente. E, come abbiamo visto, il capo del governo ha escluso una nuova Chernobyl. Qualcuno ha però valutato gli incidenti di Fukushima a 4 su una scala di 7. A confronto Chernobyl del 1986 fu di 7 e Mile Island del 1979 di 5. Bisogna comunque considerare che tutto dipenderà, se sono vere le rassicurazioni della TEPCO sullo stato attuale nei reattori 1 e 3, da quello che accadrà al n. 2. Quello che e’ certo e’ che i fatti del Giappone (dove già nel 1999 si era rischiata una catastrofe in condizioni normali) porranno una riflessione mondiale sull’uso e la sicurezza derivanti dalla produzione di energia attraverso il nucleare.

 Luigi Fattorini

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