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Sahar Delijani presenta L’albero dei fiori viola

A pochi giorni delle elezioni presidenziali in Iran, l’associazione Iran Human Rights Italia Onlus ha organizzato un incontro con Sahar Delijani. La scrittrice persiana ci presenta il suo primo romanzo "L'albero dei fiori viola"


È un albero che simboleggia un grido alla libertà e a quegli amori capaci di resistere a qualsiasi forma di violenza o repressione. È la storia di Sahar Delijani, e di molte altre persone che, come lei, che hanno vissuto attivamente o indirettamente gli anni delle proteste di quegli che sono stati i figli della rivoluzione e che hanno lottato contro il regime di Ayatollah Khomeini. Mancano ormai pochi giorni alle elezioni presidenziali in Iran e l’associazione Iran Human Rights Italia Onlus, in collaborazione con la Libreria Tra le righe di Roma, ha dato vita all’evento “Libertà, diritti e democrazia nella Repubblica Islamica dell’Iran.” Cristina Annunziata, vicepresidente di IHR Italia, ha colto l’occasione per intervistare Sahar Delijani, autrice del libro “L’albero dei fiori viola”, pubblicato in Italia da Rizzoli, il cui titolo originale in inglese è “Children of the Jacaranda Tree”. Sahar Delijani, scrittrice persiana, racconta in questo suo primo romanzo il trentennio che ha interessato la storia iraniana dal 1979 ai giorni nostri.

È un libro dove la realtà si fonde con l’immaginazione. È una storia ampiamente autobiografica, narrata da alcune famiglie che avevano tentato di opporsi al regime dittatoriale, pagandone care le conseguenze. Gli oppositori, infatti, venivano reclusi, e spesso in carcere vi trovavano la morte. Una violenza che, però, non è mai stata abbastanza grande da riuscire a sopprimere quell’amore per la libertà e per i propri ideali a rischio di sacrificare ogni cosa. È così che la scrittrice persiana ci racconta ciò che ha vissuto con un’ottica da donna matura e che ha ormai fatto i conti con il proprio passato: «Tutta la mia vita è stata influenzata dal fatto che i miei genitori erano in prigione. Più volte ho cercato di scrivere romanzi che abbracciavano altre tematiche. Qualche anno fa ho scritto una serie di racconti brevi. Col tempo, per, mi sono resa conto che ogni cosa che scrivevo ricadeva sempre sullo stesso tema: il periodo degli anni 83’ e 88’. Per me era diventata un’ossessione. A quel punto ho capito che sentivo la necessità di raccontare quello che era successo».

Sahar è stata partorita in carcere e poi affidata e cresciuta con la nonna, insieme al fratellino e al cugino, poiché la madre era incinta quando è stata arrestata: «L’albero di Jacaranda è un albero che non esiste in Teheran perché è tropicale. Mia nonna mi disse che lo aveva visto da qualche parte e lo voleva nel suo giardino». Nel libro di Sahar si intrecciano storie che hanno interessato gli anni della guerra tra l’83’ e l’88, per poi passare al 2009, anno in cui migliaia di giovani, i figli dei rivoluzionari ottantini, invasero con un’Onda Verde le vie del Paese lottando contro lo stesso regime e contro gli imbrogli che avevano portato alla rielezione di Mahmoud Ahmadinejad. «Ho assistito alle proteste del 2009 osservando tutto da uno schermo, qui a casa mia in Italia. Mi sentivo così piccola e insignificante – racconta Sahar. Una cosa però mi ha rincuorato e mi ha reso felice. All’inizio eravamo solo una piccola minoranza a ribellarci contro qualcosa che ritenevamo sbagliato e ingiusto; mentre adesso a distanza di 30 anni finalmente anche gli altri, che tempo fa lo tolleravano, si sono svegliati e hanno capito. Questo per me è stato un momento di grande riconciliazione sociale».

Sahar Delijani adesso vive in Italia, a Torino, dove è felicemente sposata. È tornata in Iran nel 2011 e, a due anni dall’ultima rivoluzione, la scrittrice ha avvertito nell’aria della sua città delle sensazioni positive e un buon senso di maturità politica da parte dei giovani iraniani che non perdono mai le speranze. Nonostante tutto, però, la situazione è ancora disastrosa: 50 giornalisti e blogger sono in carcere; i sindacalisti vengono arrestati. Nel 2011 sono state 520 le esecuzioni in Iran, delle quali 60 pubbliche. «Ho scelto di scrivere questo libro perché la memoria ha un suo peso fondamentale nella vita delle persone. Bisogna sapere cosa è successo per andare avanti. È un testo che fa, quindi, da promemoria per i giovani iraniani. Inoltre, è giusto che gli altri Paesi sappiano queste cose». La scrittrice conclude poi con parole ricche di speranza e di buon auspicio: «L’albero è già fiorito, ma ancora i fiori sono troppo piccoli e non si vedono».



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