Attualità Italiana

La vera storia dell’omicidio di Marianna Manduca raccontata nel film I nostri figli

La vera storia dell'omicidio di Marianna Manduca raccontata nel film I nostri figli . La donna è stata uccisa nel 2007 dal suo ex marito


Una storia forte quella raccontata nel film tv I nostri figli in onda il 6 dicembre 2018 su Rai 1. E’ la storia di una donna che ha denunciato, che ha cercato aiuto, che ha cercato di proteggere i suoi bambini ma che non è stata ascoltata. E’ la storia di Marianna Manduca il punto di partenza del film tv con Vanessa Incontrada e Giorgio Pasotti. Perchè se è vero che dietro un femminicidio c’è una vittima e c’è il suo carnefice, molto spesso c’è anche chi resta. E nel caso di Marianna Manduca uccisa da suo marito Saverio Nolfo ci sono tre figli che hanno testimoniato con i loro occhi tutte le violenze che il padre faceva contro la donna. E’ la storia di Marianna quella che la Rai vuole raccontare ma è anche la storia dei tre figli di questa coppia che sono stati affidati prima, e adottati dopo da un cugino di Marianna.  Tre bambini che dalla Sicilia sono andati a vivere in un posto diverso, lontani da casa, con la consapevolezza di aver perso per sempre la loro mamma e con il lutto nel cuore perchè a ucciderla era stato l’uomo che avrebbe dovuto proteggerla. Dodici le denunce fatte da Marianna Manduca contro Saverio Nolfo. Dodici denunce che non sono servite a nulla se pensiamo anche che, dopo il divorzio, l’uomo aveva ottenuto l’affidamento dei tre figli maschi (allora bambini di 3, 5 e 6 anni). Saverio non aveva rinunciato ad una sete di vendetta nei confronti dell’ex compagna. Il film ci racconterà la storia dei tre figli di Marianna, noi adesso vogliamo ricordare chi era questa donna, una delle vittime di un marito assassino ma anche di una giustizia che non fa il suo dovere. 

LA STORIA DI MARIANNA MANDUCA UCCISA DAL SUO EX MARITO SAVERIO NOLFO 

I fatti risalgono al 3 ottobre del 2007. Marinna era andata in compagnia del padre Salvatore, ad accompagnare i bambini nella dimora paterna in via Trivio a Palagonia. Nolfo aveva atteso il passaggio dell’auto con a bordo la donna e l’ex suocero, per speronarla frontalmente con la sua macchina, una Fiat Croma. E così accadde. L’mpatto tra i due mezzi fu violento. L’uxoricida scese dall’auto armato di bastone e coltello. Il primo ad essere affrontato fu il padre di Marianna, Salvatore, che in quell’agguato rimase ferito. L’uomo la raggiunse dopo pochi metri colpendola con più fendenti: la donna morirà dissanguata.  Aveva un coltello in mano e, come ha raccontato alle forze dell’ordine dopo essersi costituito l’ha guardata più volte ferendola dicendole «Io con questo ti ucciderò». E’ una storia lunga fatta di maltrattamenti ma non solo. Marianna poco tempo dopo aver sposato suo marito si rende conto che l’uomo faceva uso di sostanze stupefacenti. Decide di provare a restare, nel frattempo resta incinta del suo primo figlio. Lavora ma i soldi non bastano, nella casa in cui vivono non c’è neppure l’acqua. 

E qui inizia un’altra storia, quella dell’affido dei tre bambini di Marianna. Dopo l’uxoricidio, il Tribunale di Caltagirone affidò i tre bambini ad un cugino della donna, Carmelo Calì, imprenditore edile residente a Senigallia, che aveva incaricato un legale di chiedere al ministro della Giustizia un’ispezione negli uffici giudiziari di Caltagirone, per capire come mai quelle dodici denunce fossero rimaste senza conseguenze. Il film, I nostri figli, racconta proprio la storia da questo momento: tutte le difficoltà della coppia nel dover prendere tre bambini che non conoscono e quelle dei piccoli che non hanno nessun punto di riferimento. La vita che cambia per tutti ma che, grazie all’amore, si trasforma in una seconda occasione. 

Saverio Nolfo viene condannato dal Tribunale di Caltagirone a 21 di anni di carcere nel 2009. Una condanna che sarà confermata in appello due anni dopo. I giudici della Corte d’assise d’appello di Catania, davanti ai quali si era svolto il processo di secondo grado, confermarono la sentenza con cui il Gup, ritenendo sussistente la premeditazione e negando i motivi abietti e futili, ma riconoscendo l’equivalenza delle attenuanti generiche alle aggravanti, aveva concesso all’uomo uno sconto di pena notevole (riconducibile pure alla scelta del rito abbreviato) rispetto alla richiesta del carcere a vita avanzata dalla pubblica accusa. Soltanto nell’aprile del 2016 comincia il processo per la responsabilità civile dei magistrati che si occuparono del delitto di Marianna Manduca, uccisa dal marito dopo 12 denunce per violenze. Davanti alla Corte d’Appello di Messina, 9 anni dopo il femminicidio di Palagonia, ha inizio il processo che si concluderà con la condanna dei magistrati.



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