Attualità Italiana

L’addio di Evelyn al suo adorato zio Renzo: è morto da solo in una Rsa di Bergamo

Le storie da Bergamo dove il coronavirus continua a uccidere: Evelyn ci parla di suo zio Renzo

Sono 9134 le persone che ci hanno lasciato da quando l’emergenza coronavirus è iniziata. Anziani, nonni, nonne, padri e madri di famiglia, medici, sacerdoti; c’è chi lavorava alla posta, chi lavorava al supermercato. Ci sono giovani: ventenni, trentenni, quarantenni. Più di 10mila famiglie travolte dal dolore, dallo strazio dell’ultimo addio mancato. Nessuna carezza, nessun ultimo saluto, nessun ricordo di un letto di ospedale. Nulla. Solo dolore, rammarico, rabbia, disperazione. Chi si “ritiene fortunato” può scambiare qualche parola con il proprio caro prima di non sapere più nulla. I medici provano a mettersi in contatto con i parenti ma non è semplice.

E poi ci sono tutti gli anziani, che vivono nelle case di riposo, vere bombe sanitarie pronte a esplodere. Oggi vi raccontiamo, grazie alla testimonianza di Evelyn, la storia di suo zio Renzo. Non era un numero, è una persona, merita come tutti gli altri, il massimo rispetto. Se n’è andato via senza salutare per l’ultima volta i suoi cari, la sua famiglia.

Per Renzo, neppure il viaggio in ospedale. E’ morto nel suo letto, nella struttura dove era ricoverato.

ADDIO ZIO RENZO: TUTTO L’AMORE DI SUA NIPOTE EVELYN

Evelyn ci racconta: “Noi siamo di Bergamo. Mercoledì 18 mio zio ha avuto una crisi respiratoria, in rsa gli hanno dato la mascherina con il respiratore ma probabilmente gli dava fastidio e non la teneva su, lui era cosciente. È diventato cianotico ma non hanno chiamato l’ambulanza dicendo che gli ospedali erano pieni e non prendevano i pazienti ma anzi erano quasi gli ospedali a mandarli li da loro. Dopo tante chiamate siamo riusciti a parlare con la dottoressa solo venerdì, ci dice che la situazione è la stessa, che lo zio ansima perché non riesce a respirare e di conseguenza non mangia quindi gli hanno attaccato la flebo.”

Una sofferenza per la famiglia della ragazza che prova a sperare che Renzo stia meglio: “ Passa il weekend e non sentiamo nessuno perché la dottoressa non era in struttura e a quanto pare gli infermieri non potevano darci informazioni. Lunedì ci chiama e dice che lo zio è finito in coma, non risponde più ma che la crisi respiratoria si sarebbe risolta (non so come potevano affermarlo visto che non avevano nessun tipo di macchinario attaccato per poter controllare la respirazione). “

Eveliny continua a provare a fare qualcosa, anche se a distanza: “Richiamo la dottoressa e la supplico di portarlo all’ospedale, ma nulla, non c’è verso. Dice che ormai non è più un paziente da terapia intensiva, che 88 anni sono una bella età, che probabilmente all’ospedale lo avrebbero abbandonato su una barella e forse senza respiratore visto che avevano pazienti più giovani di lui a cui dedicare i respiratori, che in qualsiasi caso ormai era troppo fragile da trasportare all’ospedale, che loro lo avrebbero accompagnato. Infatti poi penso che gli sia stata data la morfina.”

Ma gestire la situazione a distanza non è semplice, soprattutto se non si conoscono davvero le condizioni di salute dei nostri cari. Evelyn continua la sua battaglia: “ Disperata e con la speranza nel cuore di poterlo aiutare ho chiamato il 1500, sono stati molto gentili, mi hanno detto che se era in coma dovevamo chiamare l’ambulanza, hanno chiamato la struttura, non gli hanno fatti parlare con la dottoressa liquidandoli con “stiamo facendo tutte le cure del caso”. “

Evelyn continua a sperare che per suo zio si possa fare qualcosa: “Chiamo il Papa Giovanni XXIII ma mi dicono che deve essere la struttura a chiamare l’ambulanza.”

Poi la tragica notizia: “Martedì mattina ci chiamano, lo zio era deceduto nella notte, rincuorandoci e dicendo ” almeno è morto nel suo letto, sarebbe stato troppo fragile da trasportare all’ospedale”. Non abbiamo potuto fargli un funerale, dargli un abbraccio, tenergli la mano per non farlo morire solo, nulla. Solo una benedizione oggi, dove poi l’hanno portato in camera mortuaria in attesa del marmista che apra la tomba per tumularlo. Questo dolore è straziante, perché sai che forse ci sarebbe stata una possibilità e non ti metti il cuore in pace. “

Non è però questo il tempo delle accuse:Non voglio puntare il dito perché so la situazione drammatica in cui siamo e so che i medici si stanno prodigando per fare il massimo, ma probabilmente, con un po’ di più attenzione al problema e con gli isolamenti giusti non saremmo arrivati a questo punto. Queste sono delle ingiustizie, morti senza ossigeno, senza i loro cari e senza la possibilità di essere salvati. Eppure il diritto alla vita è un bene protetto dalla costituzione ma a me sembra che in questo periodo il diritto alla vita sia morto e in silenzio si sia legalizzata l’eutanasia. È un dolore che non si può spiegare, è un dramma nel dramma che siamo costretti a subire. “

Renzo non era un numero ed è per questo che Evelyn vuole che la sua storia venga raccontata. E vuole anche dedicargli un pensiero:

Ciao zio, sei volato in cielo tra tutti gli angeli, sei volato a vita migliore. Forse era presto, forse no, chi lo sa…per me eri come un nonno, un nonno da proteggere che mi ha insegnato molto. Ti abbiamo amato tanto e ti ameremo sempre, ti porteremo sempre nei nostri cuori e nel percorso della nostra vita. Guarda giù e proteggici grazie per tutto, riposa in pace bellissimo angelo.”

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