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Chi è saggio non teme il volgo: la traduzione del brano di Seneca e l’analisi di Chat GPT

Chi è saggio non teme il volgo: la traduzione del brano di Seneca e l'analisi di Chat GPT

chi è saggio non teme il volgo

Anche oggi ci mettiamo a lavoro, o meglio lasciamo che a farlo sia l’intelligenza artificiale e cerchiamo di capire come AI svolgerebbe le tracce dell’esame di maturità per noi! Lo abbiamo fatto ieri con le prove di italiano per la maturità 2023 e lo facciamo oggi con la seconda prova. Al liceo classico una versione di latino. L’autore è Seneca. Chi è saggio non teme il volgo, questo il brano che gli studenti del liceo classico oggi devono tradurre. Non solo la traduzione, ma anche un commento da parte degli studenti che si stanno cimentando con la seconda prova scritta della maturità 2023.

“Chi è saggio non teme il volgo”: è il brano della seconda prova maturità 2023

È un brano di Seneca che si rivolge all’amico Lucilio l’autore deciso dal ministero per la seconda prova scritta al liceo Classico. “Chi è saggio non teme il volgo”: cercare il favore della folla non porta felicità ma alla rovina. L’autore mostra all’amico Lucilio come i precetti della filosofia possano guidare alla virtù in mezzo ai falsi valori. Al maturando, oltre alla traduzione, nella seconda parte del compito è chiesta la comprensione e l’interpretazione del testo, l’analisi linguistica e stilistica, un approfondimento e riflessioni personali sul tema. La durata massima della prova è di 6 ore. 

L’analisi del brano di chat GPT

Abbiamo dunque chiesto a CHAT GPT usando la versione gratuita e basilare, di aiutarci con questa analisi.

Il brano “Chi è saggio non teme il volgo” affronta il tema della saggezza e della relazione tra il saggio e la folla. Questo brano è attribuito a Seneca, uno degli importanti filosofi stoici dell’antica Roma, noto per i suoi scritti sulla morale e sulla filosofia pratica.

L’incipit “Chi è saggio non teme il volgo” suggerisce che una persona saggia non cerca l’approvazione o il favore della folla. Invece, il saggio si basa sui propri principi e sulla propria conoscenza per prendere decisioni e perseguire la virtù. Questo concetto si riferisce alla capacità di resistere alle pressioni sociali e di seguire il proprio cammino interiore anziché essere influenzati dagli atteggiamenti e dai giudizi della massa.

Secondo Seneca, cercare il favore della folla può portare alla rovina perché spesso il volgo è guidato da valori superficiali e falsi. La folla può essere facilmente influenzata dall’opinione dominante, dalle passioni irrazionali e dalla ricerca del piacere immediato. Il saggio, invece, si sforza di sviluppare una visione chiara e una bussola morale solida, che lo aiutano a distinguere tra ciò che è veramente importante e ciò che è effimero o ingannevole.

Seneca mostra all’amico Lucilio come i precetti della filosofia possano guidare alla virtù in mezzo ai falsi valori diffusi nella società. La filosofia stoica, seguita da Seneca, si concentrava sulla ricerca della saggezza, della moderazione e del controllo delle emozioni. Essa invitava a considerare la virtù come il bene supremo e a vivere in accordo con la natura. Seneca incoraggia Lucilio a seguire questi insegnamenti filosofici per trovare la felicità e per sviluppare una connessione profonda con se stesso, al di là delle opinioni superficiali della folla.

In sintesi, il brano “Chi è saggio non teme il volgo” di Seneca esprime l’idea che la saggezza risiede nell’individuo che non si fa influenzare dalle opinioni e dai giudizi della massa. Cercare il favore della folla può condurre a scelte sbagliate e alla perdita della propria integrità. Al contrario, il saggio segue i precetti della filosofia per sviluppare una visione autentica della vita e perseguire la virtù, indipendentemente dagli ideali effimeri e superficiali della società.


 Come segnala il sito Skuola.net, Seneca non veniva proposto dal 2017 e sale al primo posto della “classifica” degli autori più proposti alla Maturità dal Dopoguerra a oggi: con 16 “apparizioni” eguaglia infatti Cicerone, assente dal 2009. Nell’ultimo esame di Stato, prima della pandemia, era stato infatti proposto un brano dello storico Tacito.

La traduzione del brano

Qui un estratto del brano che abbiamo trovato in rete

 Non est per se magistra innocentiae solitudo nec frugalitatem docent rura, sed ubi testis ac spectator abscessit, vitia subsidunt, quorum monstrari et conspici fructus 70est. Quis eam, quam nulli ostenderet, induit purpuram? Quis posuit secretam in auro dapem? Quis sub alicuius arboris rusticae proiectus umbra luxuriae suae pompam solus explicuit? Nemo oculis suis lautus est, ne paucorum quidem aut familiarium, sed apparatum vitiorum suorum pro modo turbae spectantis expandit. Ita est: inritame. Nam quasi ista inter se contraria sint, bona fortuna et mens bona, ita melius in malis sapimus; secunda rectum auferunt

La solitudine non è di per sé maestra dell’innocenza, né le campagne insegnano la frugalità, ma quando mancano testimoni e spettatori, i vizi si placano, di cui mostrare e vedere sono i frutti. Chi, che nessuno stesse a guardare, indosserebbe il porpora? Chi porrebbe un banchetto segreto d’oro? Chi, sdraiato all’ombra di un albero campestre, da solo espanderebbe lo sfarzo della sua lussuria? Nessuno è abbastanza sontuoso neanche per i propri occhi, né per pochi o familiari, ma espande l’apparato dei propri vizi secondo la misura di una folla che guarda. È così: è un invito alla vanità. In quanto sembrano essere in contrasto tra loro, la buona fortuna e una mente buona, così impariamo meglio nelle avversità; le circostanze favorevoli portano via la rettitudine.

Affidandoci invece alle traduzioni già presenti on line, che dicono che questo stralcio di versione dovrebbe essere tratta dall’epistola 94 del 15esimo libro, abbiamo trovato la lettera di Seneca tradotta. Questa seconda versione ci sembra decisamente più affidabile.

Bisogna eliminare questo campionario di esempi che ci trapassano gli occhi e le orecchie, e liberare l’animo ingombro di discorsi nocivi. In chi ne è preda bisogna far penetrare la virtù, perché estirpi le menzogne e le convinzioni in contrasto con la verità, perché ci separi dal volgo cui diamo troppa fiducia e ci riconduca a pensieri incorrotti. La saggezza consiste in questo: rifarsi alla natura, ritornare là dove un abbaglio comune ci aveva cacciato. 69 Buon senso significa soprattutto abbandonare chi ci istiga alla follia e tenersi lontani da un connubio dannoso alle due parti. Vuoi rendertene conto? Guarda come in pubblico uno vive diversamente che in privato. La solitudine non è di per sé maestra di onestà o la campagna di frugalità; però, quando se ne sono andati testimoni e spettatori, cessano i vizi, che si beano di essere ostentati e osservati. 70 Chi indossa vesti di porpora per non esibirle? Chi mette le vivande in stoviglie d’oro solo per se stesso? Davvero uno dispiega lo sfarzo del suo lusso, sdraiato in solitudine, all’ombra di un albero nei campi? Nessuno sfoggia per il piacere dei suoi occhi o di poca gente o degli amici, ma sciorina l’apparato dei suoi vizi secondo la folla che lo guarda. 71 È proprio così : la spinta verso tutto quello per cui diamo segni di follia è la presenza di un ammiratore e di un testimone. Spegni il desiderio, se togli la possibilità di ostentazione. L’ambizione, lo sfarzo, la sfrenatezza, hanno bisogno della ribalta: se li tieni nascosti, ne guarirai. 72 E così , se ci troviamo in mezzo allo strepito delle città, ci stia a fianco uno che ci consigli, e alla lode di ingenti patrimoni opponga la lode di chi è ricco con poco e misura le ricchezze dall’uso che se ne fa. Contro coloro che esaltano il favore della massa e il potere, lui sottolinei con ammirazione l’esistenza ritirata dedita agli studi e l’anima che si ripiega su se stessa. 73 Dimostri che quegli uomini giudicati dalla massa felici stanno, invece, tremanti e sbigottiti in quella loro posizione invidiata e di sé hanno un’opinione ben diversa da quella degli altri; quelle che per gli altri sono cime elevate, per loro sono precipizi. E così si scoraggiano e tremano ogni volta che spingono lo sguardo nell’abisso della loro grandezza: pensano alla possibilità di cadute tanto più pericolose quanto più uno sta in alto.

Dovrebbero essere questi i versi presi in analisi per la versione da tradurre.

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