Filippo Turetta rinuncia all’appello: “voglio pagare “
Ha scritta una lettera Filippo Turetta decidendo di rinunciare al processo di appello per l'omicidio di Giulia Cecchettin
Una lettera scritta a mano, poche righe dal tono definitivo: «Rinuncio all’appello». È così che Filippo Turetta, condannato all’ergastolo per l’omicidio di Giulia Cecchettin, ha comunicato la sua decisione di non proseguire nel percorso giudiziario. La missiva, firmata di suo pugno, è arrivata in questi giorni sui tavoli dei quattro uffici giudiziari di Venezia coinvolti nel caso: la Procura Generale, la Procura ordinaria, la Corte d’Assise — che lo scorso anno lo aveva condannato al carcere a vita — e la Corte d’Appello, dove il prossimo 14 novembre sarebbe dovuto iniziare il processo di secondo grado.
Proprio pochi giorni fa in tv, il padre di Giulia Cecchettin, Gino, aveva ricordato che Filippo Turetta non si era mai scusato e non aveva mai chiesto perdono per quello che ha fatto.
Filippo Turetta rinuncia all’appello
Si tratta di un colpo di scena inatteso in una vicenda che ha scosso profondamente l’opinione pubblica italiana. Filippo Turetta, reo confesso, aveva ucciso l’11 novembre di due anni fa la sua ex fidanzata Giulia Cecchettin, studentessa ventiduenne di Vigonovo (Padova), infliggendole 75 coltellate.
La difesa del giovane padovano, rappresentata dagli avvocati Giovanni Caruso e Monica Cornaviera, aveva presentato ricorso contro la sentenza di primo grado, sostenendo che non vi fosse prova della premeditazione. Secondo il ricorso, l’omicidio non sarebbe stato pianificato ma il frutto di un impulso improvviso. Tuttavia, la Corte d’Assise aveva ritenuto che Turetta avesse agito in modo lucido e organizzato, arrivando persino a stilare una lista di azioni preparatorie in vista dell’incontro con Giulia, poi sfociato nel sangue.
La rinuncia di Filippo Turetta: i motivi
Secondo quanto si legge sul Corriere della sera, nella lettera, Filippo Turetta spiega di voler “alzare bandiera bianca” per motivi legati al clima di forte pressione che lo circonda da mesi: l’aggressione subita in carcere da parte di un altro detenuto, le minacce ricevute e l’esposizione mediatica continua. A pesare anche la chiusura di Gino Cecchettin, padre di Giulia, che aveva rifiutato — almeno per ora — di prendere parte a un percorso di giustizia riparativa.
«Non è il momento di parlarne, soprattutto a ridosso del processo d’appello e senza che ci siano state né le scuse né la richiesta di perdono. Mi sembra strumentale», aveva spiegato Cecchettin.
Con la rinuncia all’appello, Turetta afferma di accettare pienamente la condanna all’ergastolo, dichiarando di agire per “sincero pentimento” e di non voler “cercare sconti di pena”. Una presa di posizione che, nelle sue intenzioni, vorrebbe segnare un atto di responsabilità e chiusura verso una tragedia che ha lasciato segni profondi nella coscienza collettiva.
Va però ricordato che anche la Procura di Venezia ha impugnato la sentenza, chiedendo l’aggiunta delle aggravanti della crudeltà e dello stalking. Di conseguenza, il processo d’appello potrebbe comunque tenersi, ma limitatamente a queste circostanze, salvo nuovi sviluppi.
Filippo Turetta è detenuto dal 25 novembre 2023, giorno del suo trasferimento dalla Germania, dove era stato arrestato dopo dieci giorni di fuga solitaria. Era stato bloccato mentre viaggiava a bordo della sua auto, dopo aver nascosto il corpo di Giulia in un anfratto vicino al lago di Barcis, in Friuli. «L’ho uccisa — aveva ammesso — quando ho capito che non sarebbe più tornata con me».
Con questa lettera, il caso di Filippo Turetta entra in una nuova fase: meno processuale, forse, ma non meno drammatica. Una decisione che chiude un capitolo giudiziario, ma che lascia aperto — ancora una volta — il dolore di un’intera famiglia e di un Paese che continua a interrogarsi sulla violenza contro le donne.