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Film da vedere, Paura e delirio a Las Vegas

Film da vedere – Recensioni Paura e delirio a Las Vegas: il viaggio nel viaggio Con “Paura e delirio a Las Vegas”, Terry Gilliam ci serve una pellicola di non facile fruibilità, un film che non proprio tutti hanno compreso e comprenderanno, ma che è assolutamente il viaggio più folle e lisergico apparso sul grande schermo.  […]


Film da vedere – Recensioni

Paura e delirio a Las Vegas: il viaggio nel viaggio

Con “Paura e delirio a Las Vegas”, Terry Gilliam ci serve una pellicola di non facile fruibilità, un film che non proprio tutti hanno compreso e comprenderanno, ma che è assolutamente il viaggio più folle e lisergico apparso sul grande schermo.  Ai più apparirà come un lavoro senza capo né coda, ma in realtà è una grande (e visionaria) metafora di un Paese come l’America, che negli anni ’70 si affermava come imponente e grandioso, ma in realtà cadeva a pezzi: è il periodo della guerra in Vietnam e delle proteste Hippie, delle droghe più o meno leggere.

Trama del film

Il film si rifà a uno dei romanzi chiave della beat generation, Paura e disgusto a Las Vegas, del giornalista Hunter Thompson e racconta di un lungo viaggio attraverso il deserto del Nevada nel 1971. Compagni di viaggio: il giornalista Raoul Duke, ingaggiato per la stesura di un articolo su una gara motociclistica, e il grosso avvocato samoano Dr Gonzo. Mezzo di trasporto: una decappottabile presa a noleggio e imbottita di droghe di ogni tipo. I due antieroi si ritrovano così assuefatti allo spregiudicato desiderio di provare ogni sorta di eccesso, anche sociale, finendo sul fondo di un baratro di paranoia e depravazione, immersi in un allucinatorio mondo mentale, preda di animali volanti e incubi psichedelici. E’ il sogno americano auto inflitto: un viaggio al sapor di rhum, etere e mescalina, delirante e sgangherato.

La divertente regia di Gilliam riesce a catapultare lo spettatore davvero in un mondo onirico, con una tale potenza descrittiva che però va a discapito della struttura narrativa del film. Fondamentalmente non viene raccontato nulla, se non un inferno pieno di luci, colori e odori, dove prende piede il “trip” dei protagonisti.  L’andamento sussultorio del lungometraggio confonde la mente dello spettatore, incapace di distinguere realtà e fantasia, tanto è forte la cappa lisergica. Il viaggio acido dei due sembra protrarsi all’infinito e, a volte, si ha l’ansia di scappare via da quella spirale di autodistruzione in cui ci si ritrova immersi, nostro malgrado. La pellicola implode quindi su se stessa, su un nucleo che non è costituito da altro, oltre che dalla performance strepitosa di Jhonny Depp e Benicio Del Toro, ma ci gira intorno, mettendosi a servizio dell’interpretazione.

Al di là di ciò però, nonostante il film divida il pubblico e i giudizi della critica, non si può prescindere dal valore artistico intrinseco. Non è solo patetica e nostalgica rievocazione della trasgressione dei bei tempi andati, ma è un viaggio, lungo, caotico e ipnotico in una dimensione parossistica e anche spassosa.

Cristina Lucarelli



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