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Film da vedere, Snatch – Lo strappo

Film da vedere – Recensioni Snatch – Lo strappo “Mai sottovalutare la prevedibilità della stupidità”. E’ forse questa l’idea primordiale che ha scatenato in Guy Ritchie, autore del film, la spasmodica voglia di ripetersi (e per ripetersi intendo davvero, di storia in storia), dopo Lock & Stock, un’opera ingenua e piacevole, di cui ricalca la […]


Film da vedere – Recensioni

Snatch – Lo strappo

“Mai sottovalutare la prevedibilità della stupidità”.

E’ forse questa l’idea primordiale che ha scatenato in Guy Ritchie, autore del film, la spasmodica voglia di ripetersi (e per ripetersi intendo davvero, di storia in storia), dopo Lock & Stock, un’opera ingenua e piacevole, di cui ricalca la struttura narrativa in questa pellicola del 2000. Ma “l’ex signor Ciccone” è abile e maneggia con astuzia e mestiere gli strumenti filmici, proponendoci bei raccordi sull’asse, una fotografia graffiante, un montaggio schizofrenico e un’ottima direzione d’attori, con un cast davvero notevole, Brad Pitt e Benicio Del Toro su tutti.
La trama prevede che una scalcinata banda di rapinatori decide di mettere a segno il “colpo della vita”: rapinare un grossista di diamanti e impossessarsi di un pezzo da collezionisti grande quanto una pallina da golf. Fatto il colpo rimane il problema di sistemare la merce che scotta e serve quindi un corriere adatto: Franky “Quattrodita”. Il diamante fa gola a molti e inizia a passare di mano in mano, coinvolgendo direttamente e indirettamente tutti i protagonisti. Le storie, apparentemente slegate tra loro, s’intrecciano, con un filo conduttore quasi invisibile: il Turco e Tommy alle prese con incontri di boxe truccati, Mickey lo zingaro traffichino e ottimo boxeur, Testa Rossa gangster con un allevamento di suini (che usa per far sparire i cadaveri), Sol e Vinnie due rapinatori che gestiscono un banco di pegni che ricicla merce rubata.

I protagonisti sono tutti brutti, sporchi, cattivi e simpatici e innescano, loro malgrado, un processo “cane mangia cane” con un crescendo grottesco di violenza e situazioni paradossali, preso a prestito direttamente dal cinema di Tarantino e Roger Avary (Killing Zoe) ma, se possibile, ancor più disteso, disimpegnato, frenetico e spiritoso, nonostante la violenza. Ritchie applica l’estetica da videoclip (musica in primo piano, effetti di montaggio, stop-frame e assenza di un sottotesto) ad un cartoon della Warner Bros che scimmiotta la blaxploitation e le serie Tv poliziesche degli anni settanta, divertendosi a plasmare dei tipi caricaturali alla Trainspotting, con tanto di voce-off e sprazzi surreali. Non ha nessun merito d’esclusiva, a tratti copia spudoratamente (soprattutto da Pulp Fiction e simili: gli incontri di pistole, il colpo che parte in macchina, la sublime violenza verbale in aneddoti raffinati), ma non gli fa difetto certo l’inventiva (meglio: “il saper variare sul tema”) in brani spesso irresistibili: l’incastonarsi di flashback, incidenti stradali e colpi di scena nella sequenza migliore del film; l’idea della bookmaker glaciale; il montaggio parallelo al ralenti fra la caccia alla lepre e quella al grassone; Pitt e il suo dialetto irlandese incomprensibile (tradotto da noi in un simil-barese).  

Per i cultori del genere, un must da non perdere!

Cristina Lucarelli



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