A Le Iene la famiglia di Ugo Russo: lo strazio per la perdita e le convinzioni che non cambiano

A Le Iene parlano i parenti di Ugo Russo il ragazzo ucciso mentre cercava di compiere una rapina a Napoli

Quindici anni, niente scuola, alle due di notte in giro per le strada di Napoli a compiere una rapina, forse la seconda, aveva anche un altro orologio in tasca, dicono le forze dell’ordine. Ugo è stato ucciso da un poliziotto in borghese, che adesso dovrà rispondere di eccesso di legittima difesa o di omicidio volontario ( si deciderà una volta chiuse le indagini) , mentre cercava di fare una rapina. Parenti e amici, hanno devastato l’ospedale dove i medici cercavano di prendersi cura del ragazzo, arrivato, in fin di vita. La famiglia di Ugo Russo però non ci sta, e in queste ore sono tante le dichiarazioni rilasciate soprattutto dal padre del giovane che sceglie anche di raccontare a Le Iene quella che a suo dire è la ricostruzione di quanto accaduto la sera in cui suo figlio è stato ucciso. “Non voglio giudicare nessuno, al Nord vivono in un’altra maniera. Noi abbiamo un’altra cultura, questa è la nostra”. Tra le lacrime si sfoga Vincenzo Russo, papà di Ugo, il ragazzo di 15 anni ucciso da un carabiniere che ha reagito a un tentativo di rapina a Napoli nella notte tra sabato e domenica.

Secondo i parenti che raccontano quello che è successo la notte, scusandosi per i fatti accaduti in ospedale, a devastare tutto sarebbero stati gli amici di Ugo, tutte persone giovani, e lo si potrà vedere nei filmati raccolti in quelle ore concitate.

A LE IENE PARLANO I PARENTI DI UGO IL 15ENNE UCCISO A NAPOLI

Pare che Ugo fosse in compagnia di uno suo amico, è stato il ragazzo a raccontare agli investigatori che cercavano di fare dei soldi per poter andare in discoteca. E così quella sera hanno aggredito un 23enne, un poliziotto in borghese che era in compagnia della sua fidanzata. Per il 17enne, il presunto complice del ragazzo morto, il gip avrebbe confermato il fermo e avrebbe disposto il collocamento in comunità.

Ugo avrebbe avuto in mano una pistola (poi risultata giocattolo, ma priva del tappo rosso). Impaurito da quell’arma che sembrava vera, il carabiniere fuori servizio stando alle prime tesi avrebbe preso la sua pistola d’ordinanza e ha sparato. Sarebbero partiti tre colpi: due vanno a segno e colpiscono Ugo al petto e alla testa. I padre di Ugo però ha una sua tesi: è convinto che suo figlio sia stato volutamente ucciso; sia lui che i parenti parlano di una esecuzione, di un colpo alla testa che avrebbe condannato il loro ragazzo a morte.

Gli hanno tolto la vita a 15 anni a mio nipote”, dice la nonna che proprio poche ore prima è stata con lui. Il padre di Ugo non sa come dire a suo figlio, di 5 anni, che il ragazzo è morto e non si dà pace. Oggi si rendono conto che quello che è successo in ospedale non va bene ma hanno anche una spiegazione. Quando sono arrivati sul posto, tutti gli dicevano che Ugo era ancora vivo, che respirava, che doveva essere operato. E invece loro sono convinti che i medici stessero mentendo e che il ragazzo fosse già morto.

Anche noi siamo morti. Io e mia moglie, i nostri figli erano tutti molto legati. Io ho un altro figlio di 5 anni che non sa che il fratello è morto”, dice Vincenzo Russo.

Il papà commenta anche quello che è successo: “Non sto dicendo che mio figlio ha sbagliato o non ha sbagliato. Anch’io fossi stato carabiniere e uno vicino a me avesse puntato la pistola… Noi come diciamo a Napoli? Morte tua, vita mia”. Continua a credere però che ci sia qualcosa da scoprire in questa storia: “Ti sparo, se mi viene paura, ti sparo. Ti ho sparato in petto, mi sono difeso… Invece mio figlio è stato sbalzato. È stordito, si è alzato per scappare. Ma se è per difesa, non gli sparo in testa”, aggiunge Vincenzo.

Al momento, lo ricordiamo, sono in corso le indagini che certamente permetteranno di capire, grazie al lavoro svolto dal medico legale, e dalla scientifica, quello che è successo davvero la notte della rapina.

All’ospedale ce lo hanno fatto accarezzare ancora caldo. L’ultimo calore, l’ultimo odore che aveva addosso ce lo siamo preso io e mia moglie”, racconta Vincenzo. “Mio figlio era un angelo voleva fare un corso per pizzaiolo con gli assistenti sociali di Napoli. Guadagnava 50 euro come barista, 70 con il fruttivendolo e 10 come muratore”.

Seguici

Seguici su

Google News Logo
Ricevi le nostre notizie da Google News

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.