Attualità Italiana

Parla il papà del piccolo Tommaso: “Non coviamo vendetta, è stata una fatalità”

A poche ore dalla morte del piccolo Tommaso parla il suo papà: nessun senso di vendetta verso la donna proprietaria della macchina, è stata una disgrazia

tommaso l'aquila

La giusta parola che serve per descrivere quello che è successo a L’Aquila è tragedia. Una tragedia che ha coinvolto la famiglia del piccolo Tommaso, che ha perso tragicamente la vita a soli 4 anni, la famiglia della donna proprietaria della vettura che è piombata nel giardino e una comunità intera, turbata ancora una volta da un evento contro il quale nulla si poteva fare. E parla di tragedia anche Patrizio D’Agostino, il padre del piccolo Tommaso. E’ chiaro nelle poche dichiarazioni che rilascia ai giornalisti: non vuole nessuna vendetta, per lui quanto accaduto mercoledì pomeriggio alla scuola per l’infanzia Primo Maggio de L’Aquila è stata una disgrazia, una fatalità. L’uomo ha spiegato: “La madre dei gemellini non c’entra nulla, non coviamo un senso di vendetta nei confronti di quella donna. Sarà disperata quanto noi, anche la sua vita in fondo è stata rovinata”. L’auto della donna è piombata nel giardino dell’asilo uccidendo il figlio dell’uomo, il piccolo Tommaso, e ferendo altri cinque bambini che si trovano tutt’ora ricoverati in ospedale, tre dei quali sono stati trasferiti a Roma. Anche la famiglia della donna pagherà a caro prezzo quanto accaduto visto che nella macchina, c’era suo figlio, un ragazzino di 11 anni che, come ha raccontato, ha cercato di fare di tutto per evitare la tragedia e con i suoi occhi, ha visto tutto quello che stava succedendo. I sensi di colpa, faranno male e tutti davvero, soffriranno in questa storia, pagando un caro prezzo.

Parla il papà del piccolo Tommaso il bimbo morto all’asilo de L’Aquila

Con la forza della fede, la famiglia del piccolo Tommaso si fa forza.

Nella sua intervista a Repubblica, Patrizio racconta: “Quando sono tornato i pompieri erano riusciti a sollevare l’auto con il sistema ad aria e il mio piccolo era steso lì, con gli occhi chiusi, pallido – continua l’uomo nel suo drammatico racconto – c’erano tre dottori attorno a Tommaso, uno gli praticava il massaggio cardiaco e poi la manovra di Valsalva e poi ancora il cuore. Sono stati parecchio a provare qualsiasi cosa per mio figlio, non ho nulla da recriminare”. Ora l’unico sollievo della famiglia di Tommaso è saperlo in cielo, dove sicuramente c’era bisogno di un angelo in più.

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