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Giochi e travestimenti gender all’asilo: è vero?

Polemiche a Trieste per il gioco del rispetto negli asili: si tratta di travestimenti e attività gender? Ecco le critiche di genitori e cattolici e le risposte degli organizzatori


Genitori in protesta negli asili di Trieste in seguito all’introduzione dei giochi gender, finanziati dalla Regione. Maschietti vestiti da femminucce e viceversa: un progetto per riconoscere la propria identità e imparare a scoprire l’altro sesso e le sue diversità che però ha messo in allarme i genitori. Negli intenti vuole essere il “gioco del rispetto”, per sensibilizzare all’accettazione di quello che appare diverso. Ma forse i metodi sono troppi azzardati per alcuni genitori preoccupati.che cosa c’è di vero? Facciamo chiarezza.

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In molti si chiedono se non sia prematuro sensibilizzare un bambino di 4 o 5 anni contro la violenza sulle donne ma è soprattutto il metodo ad essere contestato in questi asili. Scarsa e poco trasparente, puntano il dito alcuni, è l’informazione per i genitori che spesso vengono a sapere solo dopo, a giochi fatti, a che cosa è stato sottoposto il figlio. Nell’opuscolo informativo si legge infatti in modo piuttosto vago che il «gioco» serve «a verificare le conoscenze e le credenze di bambini e bambine su cosa significa essere maschi o femmine, a rilevare la presenza di stereotipi di genere e ad attuare un primo intervento che permetta loro di esplicitare e riorganizzare i loro pensieri, offrendo ai bambini anche un punto di vista alternativo rispetto a quello tradizionale». Il gioco del rispetto viene adottato in forma sperimentale dal 2013 in 4 asili del Friuli-Venezia Giulia. L’obiettivo è spingerli ad una riconsiderazione dei ruoli aldilà degli stereotipi, insegnare loro che possono esistere uomini che stirano così come donne operaie o calciatrici. Fin qui tutto bene. Ma alcuni genitori hanno testimoniato di bambini vestiti da principesse e bambine con costume da principe azzurro. Il progetto sta per partire in 45 classi della scuola materna a Trieste. E’ ovviamente seguito da psicologi ed educatori. Si tratta di un’iniziativa facoltativa ma alcuni genitori hanno già opposto un secco no a il settimanale cattolico “Vita Nuova” ha messo in guardia sulle conseguenze di questa confusione di genere. Benedetta Gargiulo, l’esperta che ha curato i contenuti creativi, smentisce alcune critiche feroci puntualizzando: “Non facciamo educazione sessuale, né invitiamo a toccarsi le parti intime”



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