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Alessandro Zan: “Per mio padre l’omosessualità era una malattia”

Alessandro Zan ospite sabato 6 novembre a Verissimo racconta la paura, il bullismo, il coming put, la lotta di oggi

zan senza paura

Alessandro Zan a Verissimo sabato 6 novembre e si racconta come uomo prima che come politico. Si emoziona mentre confida che l’unica possibilità era quella di restare in silenzio e non dire a nessuno il suo segreto. Quando durante l’adolescenza ha preso consapevolezza del proprio orientamento sessuale ha avuto paura, l’omosessualità non era accettata nella sua famiglia, non era accettata nella sua scuola dove ascoltava i compagni fare battute che a lui facevano solo male. A Verissimo Alessandro Zan confessa che ha subito bullismo, che da adulto ha dovuto rimuovere certe offese, quei dolori, ma le parole restano. Il deputato del Pd che fino alla fine aveva creduto al Ddl che porta il suo nome si racconta, senza filtri, parlando della madre che dopo il coming out lo ha accolto mentre per il padre è stata una tragedia.

Alessandro Zan a Verissimo

Ho conosciuto la paura quando mi sono reso conto, durante l’adolescenza, che l’omosessualità non era un’opzione possibile nella società in cui vivevo. Capivo che questo non era un aspetto accettato sia in famiglia che a scuola: i miei compagni facevano battute omofobe e io dovevo nascondermi” racconta a Silvia Toffanin confessando che gli davano della femminuccia.
Quando ha rivelato il “suo segreto” come racconta anche nell’autobiografia “Senza paura”: “Mia madre mi ha accolto e mi è stata molto vicina. Con mio padre, invece, è stata una tragedia. Lui è cresciuto in una famiglia particolarmente tradizionale, segnato da un’infanzia difficile e cresciuto in un contesto culturale dove l’omosessualità era considerata una malattia. Quando gliel’ho detto non ci siamo parlati per mesi”.

Sono stati mesi duri per Zan che oggi combatte per i giovani che ci credono più di tutti: “Affinché non ci siano più persone che vengano discriminate, bullizzate e fatte oggetto di violenza semplicemente per quello che sono. Vale la pena lottare fino in fondo”.

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