Salute

Patch Adams, la gelotologia e la clownterapia

Gli effetti positivi del ridere non si manifestano solo a livello psicologico, ma anche e soprattutto fisico. Lo confermano decine di studi scientifici. E’ ormai appurato che mentre ridiamo produciamo delle sostanze, definite beta endorfine o oppioidi endogeni. Si tratta di neurotrasmettitori correlati al riso, ovvero i neurotrasmettitori dell’analgesia, dell’allegria e della gioia. Il riso […]


clowterapia

Gli effetti positivi del ridere non si manifestano solo a livello psicologico, ma anche e soprattutto fisico. Lo confermano decine di studi scientifici.

E’ ormai appurato che mentre ridiamo produciamo delle sostanze, definite beta endorfine o oppioidi endogeni. Si tratta di neurotrasmettitori correlati al riso, ovvero i neurotrasmettitori dell’analgesia, dell’allegria e della gioia. Il riso è dunque tra i comportamenti che più ci consentono di mantenere attivo, forte e vigile il sistema immunitario.

Questi tipo di studi, abbastanza recente (infatti risalgono alla seconda metà del secolo scorso), rientra in una branca della medicina che è stata chiamata PsicoNeuroEndocrinoImmunologia (PNEI). Per la precisione essa studia il rapporto tra il sistema nervoso, il sistema immunitario e il sistema endocrino. Tali studi hanno aperto l’ipotesi, che poi è diventata una certezza, che all’interno dell’organismo nulla viva separatamente.

Dalla PNEI è nata una disciplina ancora più applicativa, la gelotologia (dal greco “gelos”, cioè “riso”), la quale indaga sulla stretta relazione tra il fenomeno del ridere, le emozioni positive e la salute.

Una delle ricerche scientifiche più recenti risale al 2005. E’ stata presentata ad Orlando (Florida, Stati Uniti) dall’American College of Cardiology.

Che cosa è emerso dallo studio? Che la risata è un vero e proprio farmaco, da somministrare almeno 15 minuti al giorno. Gli effetti sono il miglioramento della circolazione del sangue e la prevenzione delle malattie cardiovascolari. Controindicazioni? Nessuna.

Gli studiosi dell’Università del Maryland a Baltimora affermano che la risata è in grado di stimolare l’espansione dell’endotelio, il rivestimento interno dei vasi sanguigni, favorendo così il passaggio del sangue: in pratica è ciò che succede con l’esercizio fisico. Tutto questo è stato dimostrato in modo tanto scientifico quanto originale: misurando con gli ultrasuoni il flusso sanguigno nell’arteria del braccio di venti volontari, prima e dopo la proiezione di due film, uno allegro e uno drammatico.

Il primo, “King Pin”, è una commedia dei fratelli Farrelly (quelli di “Tutti pazzi per Mary”). E’ stata sufficiente una serie di gag fra un ex campione di bowling, senza la mano destra, e un Amish molto pratico nel gioco, ma contrario per motivi religiosi, affinché tutti le persone coinvolte nell’esperimento, tranne una, mostrassero arterie rilassate e un incremento del flusso di sangue per un tempo che andava dai 30  ai 45 minuti.

La situazione opposta si verificava con le stesse persone quando assistevano alle sequenze, spettacolari e violente, dello sbarco degli Alleati in Normandia con cui inizia il celeberrimo “Salvate il soldato Ryan” di Spielberg. In 14 dei 20 spettatori coinvolti nell’esperimento le arterie si restringevano e il flusso sanguigno diminuiva.

Dallo studio presentato a Orlando è venuto fuori che mediamente il flusso del sangue aumenta del 22% come conseguenza della risata e si riduce del 35% durante uno stress mentale. Ovviamente c’è una grande variabilità di effetti fra persona e persona, ma appare evidente che tutto quello che condiziona lo stato emozionale di un individuo ha una influenza importante sul cuore.

Gli studiosi dell’Università del Maryland sottolineano che la risata aiuta a mantenere un endotelio sano. L’endotelio è il punto di partenza dei processi che portano all’aterosclerosi, cioè all’indurimento delle arterie e al loro restringimento: si tratta come risaputo di condizioni che aumentano il rischio di infarto e di ictus. Si capisce bene, dunque, come il riso, al pari dell’attività fisica, possa ridurre il rischio di malattie cardiovascolari.

La comicoterapia. Alla gelotologia viene accostata la comicoterapia: non si tratta comunque di due discipline gemelle. Se la prima infatti si concentra sulla prevenzione dei disagi psico-fisici, la seconda interviene più come cura.

La comicoterapia, può essere definita come quella serie di attività che, servendosi della terapeuticità e degli effetti psicologici e sociali che scaturiscono dal ridere, vuole migliorare e curare i problemi di salute collaborando con la medicina tradizionale; e prova a risolvere conflitti interpersonali e intrapersonali.

Una componente della Comicoterapia, probabilmente la più conosciuta, è la Clown Terapia. La Clown Terapia non è che una specializzazione della Comicoterapia, ed è principalmente attiva negli ospedali.

Il suo scopo precipuo è quello di diffondere buon umore e allegria nelle persone tramite la figura del clown.

Gli inizi della Clown Terapia si fanno risalire alla fine degli anni ’70 del secolo scorso, quando Michael Christensen, insieme a Paul Binder, fondò a New York il Big Apple Circus, un circo vero e proprio con clown ed artisti.

Christensen dopo pochi anni sentì il dovere di escogitare qualcosa che aiutasse le persone più bisognose, come i bambini malati che non potevano recarsi al circo per vedere gli spettacoli dei clown. Decise così di portare il circo dai bambini.

Nel 1986 naque la “Clown Care Unit” o Unità Sanitaria di Clown che incominciò ad essere presente in molti ospedali degli Stati Uniti: si trattò della prima apparizione di clown strutture ospedaliere.

Oggi la Clown Terapia è più viva che mai, grazie anche a figure straordinarie come quella di Hunter “Patch” Adams, capace di vestire contemporaneamente i panni del medico e del clown e di mettere al centro del suo lavoro la relazione con il paziente. L’eccentrico medico è diventato famoso in tutto il mondo grazie  alla pellicola con Robin Williams dal titolo, appunto, Patch Adams.

Altri personaggi sono diventati emblema di come la risata possa aiutare a guarire. Parliamo di Norman Cousins.

Ad appena 10 anni, per una diagnosi sbagliata, viene mandato in un sanatorio per  ammalati di tubercolosi. Alcuni, in questo posto, erano convinti di poter guarire, altri no invece no. Con gli ottimisti c’era anche lui, che insieme ai suoi amici partecipava  ad attività ricreative. Ed effettivamente la percentuale di guarigione era molto alta tra quelli che pensavano di poter sconfiggere la malattia.

Nel 1979, Cousins si ammalò nuovamente. Stavolta si trattava di una grave forma di spondilite anchilosante, malattia che colpisce i tessuti connettivi delle articolazioni. A Cousins vengono diagnosticati pochi mesi di vita, ma lui non si arrende.

Aveva conosciuto  gli effetti terapeutici del buon umore:  decise di convincere il suo medico a utilizzare una cura nuova a base di vitamina C e di tanta comicità, abolendo ogni forma di farmaco ritenuti da lui dei veleni.

Divenne, così, ben presto il punto di riferimento e di “caos” di tutti i ricoverati dell’ospedale. La struttura ospedaliera però, non poteva tollerare più di tanto il disordine che si stava creando.

Nonostante i miglioramenti che furono ottenuti con la sua nuova terapia, non riuscì a convincere i medici sulla bontà del suo metodo. Fu dimesso e mandato via. Non fu un danno, anzi. Pochi mesi dopo, Cousins si era del tutto ristabilito.



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