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Gerry Scotti in ospedale: “Vedevo 24 persone intubate, pregavo per loro non per me”

Gerry Scotti racconta che cosa ha provato nei difficilissimi giorni in ospedale dopo il ricovero a causa del covid 19

E’ una intervista davvero molto forte quella che Gerry Scotti ha rilasciato al Corriere della sera. E’ felice di essere tornato a casa, dimesso dall’ospedale dove i medici lo hanno curato a causa dell’aggravarsi delle sue condizioni in seguito alla positività al covid 19. E da casa fa un bilancio di quello che è drammaticamente successo in quei giorni; il conduttore ce l’ha fatta, non è mai stato intubato e la terapia intensiva l’ha vista solo dalla porta trasparente che aveva di fronte. Ma vivere questa esperienza, gli ha davvero fatto comprendere fino in fondo quanto sia pericoloso questo virus. Racconta di quello che vedeva e di come con i suoi “vicini” di letto, si facevano un incoraggiamento, con la speranza che ce l’avrebbero fatta! E per fortuna Gerry alla fine, è riuscito a lasciare quel posto, che ti fa sentire così vicino al “dopo” che diciamolo, ti fa toccare quasi con mano la sensazione che non uscirai dall’ospedale.

L’INTERVISTA A GERRY SCOTTI DOPO IL RITORNO A CASA

Ecco come racconta Gerry, quei giorni in ospedale. E’ stato ricoverato per 13 giorni ma nella stanza vicina alla terapia intensiva ha passato solo 36 ore, le più difficili

I medici mi dicevano di non spaventarmi: non la mettiamo in terapia intensiva ma in una stanza a fianco perché abbiamo bisogno di attaccare al suo corpo una serie di strumenti per monitorarla, per sapere se la sua macchina, il suo corpo, ha bisogno di cure particolari. Ero in una stanzina, di là c’era la sliding door della vita di tantissime persone. Con due altri pazienti ci strizzavamo l’occhio, dai che ce la fai. Ho appurato — stando lì, due notti e un giorno — che quella era l’ultima porta. Se decidevano di aprire quel varco… Io li vedevo tutti, vedevo 24 persone immobili, intubate, come nei film di fantascienza. Pregavo per loro invece che pregare per me.

E ancora:

Quando ho raggiunto lo stadio massimo di necessità di assistenza mi hanno fatto indossare il casco salvifico, è l’ultimo step indolore della terapia prima che ti intubino. Per un paio di giorni a orari alterni ho dovuto indossarlo anche io, è stato un toccasana. L’avevo visto in tv, letto suoi giornali, mi sembrava fantascienza. Ricordo lo slogan: il casco ti salva la vita. Adesso ho capito bene di che casco si tratta… Poi una mattina hanno girato indietro il letto e mi hanno riportato nella mia stanza.

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