Dal Mondo

Gheddafi morto: elogio di chi sa morire

La morte di Gheddafi è l'ennesimo omicidio democratico da addebitare a un occidente privo della spina dorsale dell'onore e della pietas


Da ieri la notizia della morte di Gheddafi è su tutte le prime pagine di giornali e televisioni. Il volto e il corpo di Gheddafi morto hanno fatto il giro del mondo e del web finendo sia nei siti delle grandi testate e sia nei piccoli blog scritti per passione da un esercito di aspiranti scrittori. Il modo con cui la notizia della morte di Gheddafi è stata trattata è di una noia sconcertante e di una rassegnazione disarmante sul futuro del nostro paese. Ovunque, tranne poche lodevolissime eccezioni sia tra le grandi testate (veramente da leggere l’articolo di Buttafuoco su Il Foglio di oggi) che tra i piccoli blog, abbiamo potute leggere le stesse identiche notizie, correlate con gli stessi identici commenti  ai video o alle foto che ritraggono il corpo di un uomo che, nel bene o nel male, è stata il capo e il leader di una delle più evolute nazioni africane negli ultimi 40 anni. E lo è stato con il sostegno di una fascia larghissima delle popolazione, la maggior parte della quale ha combattuto, con il suo leader, una guerra disperata contro un esercito armato delle migliori tecnologie (e chiaramente non ci riferiamo agli sgagherati miliziani di opposizione ma agli aerei Nato e ai tanti eserciti di mercenari occidentali che sul campo hanno fatto la loro bella sporca guerra coperti dalla puzza degli euro/dollari di potenze occidentali e compagnie private).

Ma questo articolo non intende soffermarsi su questo aspetto. Questo articolo vuole parlare della morte, distinguendo chi sa morire da chi sa fare il guardone. Pochissimi i primi, tantissimi i secondi sopratutto in questo occidente che ha perso ogni legame col sacro e ha infilato la testa in una vasca zeppa di Iphone, merendine, webcam, applausi ai funerali e lacrime per storie diventate importanti solo perchè lo ha deciso la tv.

In questo contesto desolante non può che spiccare la morte di Gheddafi. Appena alcuni mesi i tanto osannati membri del Cnt avevano più volte lanciato la notizia di una fuga con la coda tra le gambe e l’oro nei forzieri di Gheddafi e della sua famiglia. La notizia (periodica e sempre infondata) era stata ripresa dal 99,9% dei grandi media e dal 99% dei piccoli blog senza quasi accordare neppur il beneficio del dubbio. In pratica a degli insorti sulla cui origine bene ha detto Fulvio Grimaldi in una sua recente intervista per questo blog, si è accordata la massima affidabilità possibile.

E così è iniziato il revival: Gheddafi e famiglia sono in Venezuela, sono in Niger, sono a un tavolino tra bacardi e escort….e invece no! Gheddafi e i suoi più stretti collaboratori erano alla testa della fedelissima città di Sirte. E li ieri sono morti, o per meglio dire sono stati barbaramente uccisi. Nessuna fuga per il dittatore della Libia, ma solo il ligio rispetto ai propri obblighi di un capo di un paese attaccato da forze esterne. Per questo, e solo per questo, a Gheddafi, in altre epoche sarebbero stati resi gli onori e il rispetto che da sempre si deve ai capi sconfitti. Invece nulla, il corpo massacrato di Gheddafi è stato trasmesso da tg, pubblicato su grandi e piccoli siti e sicuramente, da qui a poco, sarà trasformato in qualche barzelletta. I testimoni (“chi”, “quali” verrebbe da chiedersi, ma poichè domande non è lecito farsene, allora i testimoni significa “la verità assoluta”) raccontano che Gheddafi avrebbe detto “non sparare” a chi lo stava per colpire. Un’ ottima scusa da chi ha paura di morire per cercare di sminuire chi invece, pur avendone la possibilità, non ha ceduto un passo fedele a una sua immagine del mondo e della vita.

Gheddafi quindi esce di scena come prima di lui sono usciti di scena i tanti capi (magari dittatori ma comunque voluti dal proprio popolo) di paesi che hanno avuto la sventura di essere attaccati dalle democrazie. E si perchè per l’umana democrazia la pietas non esiste, chi perde va processato, impiccato, massacrato…democraticamente si intende. Questa è la lezione di questa ennesima brutta pagina della storia del regime del nulla occidentale. In molti vorrebbero che questa storia passasse come “normalità” agli occhi dell’opinione pubblica e allora giù coi video, le foto, i commenti, la spettacolarizzazione dell’evento morte. In realtà, a prescindere da considerazioni politiche o geopolitiche, la lezione di questa storia è ben altra: al mondo c’è ancora chi sa morire per quello in cui ha creduto tutta una vita, alla testa dei proprio soldati.  A questi uomini, indipendentemente da cosa su di loro si possa pensare, dovrebbe essere accordato silenzio e rispetto.

 



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