Attualità Italiana

Il racconto di Massimo Giannini positivo al covid 19: “Dobbiamo cedere quote di libertà”

Dall'ospedale dove lotta ancora contro il covid 19 le parole di Massimo Giannini in terapia intensiva a causa del virus

E’ un racconto molto forte quello che fa il direttore de La Stampa. Due settimane fa aveva annunciato di essere positivo al covid 19, Massimo Giannini ma probabilmente mai avrebbe pensato di passare 5 giorni in terapia intensiva, a combattere contro un virus di cui davvero, ancora oggi, sappiamo ben poco e che forse temiamo troppo poco, perchè altrimenti, tante scelte scellerate, non le faremmo. Il direttore della Stampa ha deciso di scrivere un editoriale, nel quale racconta quello che ha passato e che sta ancora passando. Una testimonianza forte, non solo per sensibilizzare ancora chi non crede a quello che accade quando ci si ammala e quindi minimizza, ma anche per provare a spiegare che è tempo di cedere alcune delle nostre libertà. “La guerra c’è e si combatte nei letti di ospedale, non nei talk show” tuona il giornalista.

MASSIMO GIANNINI E LA SUA BATTAGLIA CONTRO IL COVID 19

Giannini ha passato quattordici giorni consecutivi a letto, di cui gli ultimi cinque «in terapia intensiva, collegato ai tubicini dell’ossigeno, ai sensori dei parametri vitali, al saturimetro, con un accesso arterioso al braccio sinistro e un accesso venoso a quello destro». Giannini, poi, giustifica la stesura di un editoriale incentrato su di sé spiegando di trovarsi «dalla parte del fronte dove c’è la guerra, che si combatte nei letti di ospedale e non nei talk show».In soli cinque giorni, i ricoverati in terapia intensiva «da essere 16, per lo più ultrasessantenni» sono diventati 54, in prevalenza cinquantenni. «A parte me, e un’altra decina di più fortunati, sono tutti in condizioni assai gravi: sedati, intubati, pronati» scrive il direttore nel suo editoriale. E racconta di come i medici, gli infermieri abbiano ricominciato, esattamente come nella scorsa primavera, i doppi turni. «Sono in superlavoro, bardati come sappiamo dentro tute, guanti, maschere e occhiali. Non so come fanno. Ma lo fanno, con un sorriso amaro negli occhi: “A marzo ci chiamavano eroi, oggi non ci si fila più nessuno. Si sono già dimenticati tutto…”. Ecco il punto: ci siamo dimenticati tutto», chiosa Giannini. Non può fare a meno di sottolineare che tutto quello che è successo solo pochi mesi fa, non ha cambiato il nostro modo di agire e di comportarci, quasi non è servito a nulla.

E conclude con il messaggio importante che vuole dare:

L’ho scritto da sano e lo ripeto da malato: le cose non stanno andando come avrebbero dovuto. Se vogliamo contenere il virus, dobbiamo cedere quote di libertà.

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