Attualità Italiana

Nessuna traccia di Liliana Resinovich sugli oggetti nella sua borsa: il giallo si infittisce ancora

Il giallo della morte di Liliana Resinovich: tutto quello che non torna, e quelle tracce di lei che non ci sono

giallo liliana

Chi l’ha visto sta continuando a seguire il caso di Liliana Resinovich, per dare voce anche alla famiglia della donna che da un anno e mezzo, cerca giustizia e verità prima dopo la scomparsa, poi dopo la sua morte. Per la procura di Trieste il caso deve essere archiviato come suicidio. I parenti di Liliana non lo possono accettare, e non solo perchè non ci sono evidenze che mostrano che Liliana la mattina del 14 dicembre si è tolta la vita con gesto estremo, ma perchè continuano a essere sicuri che non l’abbia davvero fatto. I periti a lavoro per la famiglia di Liliana, hanno iniziato a mettere insieme i tasselli, e sono tante le domande alle quali non ci sono risposte. Non solo i lividi sul volto di Liliana e le prove che dimostrerebbero che la donna sia stata picchiata prima del suo omicidio. Ma c’è anche altro. Come è possibile che Liliana non abbia lasciato nessuna traccia del suo dna, sui sacchi che avrebbe usato per coprirsi, prima di togliersi la vita? Non ci sono impronte, non c’è dna, se non una piccola traccia. Non ci sono impronte di Liliana neppure su quel cordino, che teoricamente la donna avrebbe usato per chiudere i sacchi intorno al suo collo. Su quel cordino invece c’è del dna maschile, che però non è servito a identificare un profilo. La genetista Baldi, intervistata da Chi l’ha visto, ha spiegato anche il motivo: il cordino non è stato repertato e messo da parte, in sede di ritrovamento del cadavere, ma è stato lasciato al collo di Liliana, nel sacco in cui è stata trasportata in obitorio. Questo ovviamente, ha compromesso la possibilità di isolare un profilo più completo. Sta di fatto, che c’erano tracce di dna di un uomo.

Il giallo di Liliana Resinovich: il mistero delle tracce

E altre tracce ci sono anche sui sacchi neri. C’è infatti l’impronta di un guanto non di lattice, di quelli usati da chi arriva sulla scena del crimine. Sembrerebbe essere un guanto di tessuto. Liliana, come si vede anche dai filmati del giorno della sua scomparsa, non indossava guanti. Liliana non aveva dei guanti accanto al suo cadavere. Non è stata lei a lasciare quella impronta? E non ci sono tracce di dna di Liliana neppure sulla bottiglietta ritrovata tra le sue cose, quella che conteneva acqua. Anche in quel caso, ci sono altri dna, ma non quello di Liliana. Strano che non ci sia il suo dna su una bottiglietta d’acqua che dovrebbe essere appartenuta a lei. Ma il fratello di Liliana non aveva dubbi su questo: “Liliana non portava mai una bottiglietta di acqua con lei, neppure in estate”. E allora di chi era quella bottiglietta, di qualcuno che voleva depistare e far pensare che la Resinovich avesse assunto delle sostanze prima di morire?

Secondo Nicodemo Gentile, presidente dell’Associazione Penelope che segue la famiglia di Liliana, oltre a queste evidenti lacune nelle indagini, ci sarebbero anche altri problemi. Come ad esempio le immagini. Secondo il team che assiste la famiglia di Liliana, in alcune immagini date dalle forze dell’ordine, la donna indicata e identificata come Liliana, che si vede camminare per Trieste il 14 dicembre, non sarebbe neppure lei.

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