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Guerra alla Libia, cosa farà la Nato?

Si spacca il fronte delle nazioni occidentali sugli attacchi alla Libia. Dopo un inizio, improvviso e senza tanti proclami né anticipazioni, delle azioni ostili verso la Libia, inevitabili ora i ripensamenti e i distinguo da parte delle nazioni interessate. Da un lato i Paesi vicini, come l’Italia, che hanno interesse a salvaguardare la propria immagine […]


Si spacca il fronte delle nazioni occidentali sugli attacchi alla Libia.

Dopo un inizio, improvviso e senza tanti proclami né anticipazioni, delle azioni ostili verso la Libia, inevitabili ora i ripensamenti e i distinguo da parte delle nazioni interessate. Da un lato i Paesi vicini, come l’Italia, che hanno interesse a salvaguardare la propria immagine nei confronti di Gheddafi, e quindi a tenere una linea più prudente. Il nostro Paese, insieme ad altri, tra cui la Norvegia, vorrebbe che il comando delle operazioni fosse ufficialmente affidato alla Nato, per dare una maggiore legittimazione alle azioni belliche.

Da un altro lato Paesi come la Francia, che premono affinché non si vada troppo per il sottile nelle distinzioni. Anche gli USA sembrano su questa linea.

C’era forse da aspettarsi un certo disaccordo, tanto era stata immediata l’azione cosiddetta di “disturbo” e di “dissuasione” nei confronti del colonnello Gheddafi. Una rapidità che fa trasparire l’evidente scopo di prendere di sorpresa il dittatore nordafricano, evidentemente anche allo scopo di stanarlo dal suo bunker e di ucciderlo.

Serpeggia una certa perplessità, evidente nelle parole di alcuni nostri politici ed anche nei discorsi di molte persone comuni.  Perché, chi conosce il colonnello, sa bene che non è il tipo che si arrende, né si fa intimorire dai bombardamenti. Del resto, era stato proprio lui ad usare lo stesso metodo, proprio contro il suo stesso popolo.

La preoccupazione degli italiani riguarda il rischio di possibili ritorsioni, però, vista anche la vicinanza storica e geografica con la Libia, questa volta pare sincero anche il timore per le popolazioni. Se Gheddafi, a quanto pare, è rinchiuso nei suoi bunker, lo stesso non si può dire per i civili, che più di lui sono esposti a bombe e missili.

Niente di nuovo: ormai sono anni che l’opinione pubblica è consapevole del fatto che nelle guerre, anche quelle moderne, sono i civili che rischiano di più; però questa volta tale consapevolezza appare ancora maggiore.

Effetto della globalizzazione e di internet,  di un mondo che gira sempre più veloce, di un’informazione sempre più capillare, immediata, tempestiva ed a portata di tutti.

Forse è l’inizio di una presa di coscienza che il “vecchio” sistema delle guerre, più o meno preventive e dei bombardamenti più o meno intelligenti appare sempre più evidente non essere il metodo ideale per risolvere le controversie internazionali.

Francesco Ongaro



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