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Selvaggia Lucarelli bacchetta chi va in vacanza ma dice di soffrire per la guerra

Selvaggia Lucarelli di certo si riferisce anche a Michelle Hunziker ma lei non è l'unica ad avere pianto alle Maldive

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Vi sarà di certo capitato in questi giorni la foto di un vip in vacanza al mare con il commento pieno di sensi di colpa. Selvaggia Lucarelli becca tutti, bacchetta il vip ma non perché sono volati alle Maldive, a Dubai, in Egitto o chissà dove. Tutti liberi di farlo perché se in Ucraina c’è la guerra altrove la vita non può fermarsi. E’ giusto che tutto prosegua; Selvaggia Lucarelli bacchetta i post lacrimosi, quelli in cui distesi al sole i vip sono in vacanza ma confessano di stare male per i bambini che scappano dalla guerra. Di certo la Lucarelli si riferisce anche a Michelle Hunziker ma lei non è l’unica ad avere agito in questo modo. Il post di Selvaggia è lungo e spiega benissimo il suo pensiero.

Selvaggia Lucarelli: “Basterebbe andare al mare senza esibire nulla”

“Riguardo la scelta di andare in vacanza al mare in questo periodo e di pubblicare poi post lacrimosi in cui si dice che “sì, sono in vacanza ma sento le voci di bambini che piangono” o “sono in vacanza ma soffro tanto”, voglio specificare una cosa. Come ho scritto, nessuno chiede agli altri di smettere di vivere, divertirsi, viaggiare mentre c’è una guerra. Ognuno ha la sua sensibilità e si sintonizza in maniera personale con quello che accade agli altri. Può anche non sintonizzarsi, e non è nostro compito giudicare. Chi è esposto e chi maneggia la comunicazione ha peró un dovere in più, che è quello della forma” è solo una parte del suo lungo post.

“Basterebbe dunque andare al mare senza esibire nulla. Esiste ancora una vita che si può non raccontare. E invece questa gente non ce la fa, non resiste. Vado al mare e non ne approfitto per mostrare una foto in costume? Mentre faccio jogging? Sul pontile? Col cocktail? E allora si cerca l’escamotage: la pubblico ma dico che sto male. Ecco. Pubblicate la vostra foro in bikini senza didascalia empatica, è una forma più onesta di partecipazione al dolore altrui: quella di chi distingue il dolore per un selfie venuto male da quello di chi scappa dalla guerra”.

Invita a non mescolare le due cose e conclude: “Ci si può divertire e basta o divertirsi senza farcelo sapere, pensate un po’. Provateci, sono 10000000000 di like in meno sotto una foto, ma qualche chilo di onestà in più”.

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