Ema Stokholma e la stoccata contro Belen per l’esposizione dei figli sui social
Anche Ema Stokholma riapre il dibattito sulle foto dei bambini sui social e punta il dito contro Belen
Anche Ema Stokholma ha qualcosa da dire su Belen…L’estate 2025 segna il ritorno di un dibattito sempre più acceso e controverso: quello sull’esposizione mediatica dei figli sui social network. Al centro della discussione, questa volta, c’è Belen Rodriguez e le numerose foto condivise della piccola Luna Marì, la figlia avuta con Antonino Spinalbese.
La showgirl argentina, da sempre molto attiva sui social, è finita nel mirino degli utenti per aver pubblicato con troppa leggerezza immagini e video della bambina, che oggi ha appena 4 anni. Alcuni parlano di sovraesposizione, altri di mancato rispetto della privacy, ma il web – si sa – non perdona, e i commenti si sono presto trasformati in una vera e propria ondata di critiche.
Il post virale e l’intervento di Ema Stokholma
A far deflagrare la polemica è stato un post condiviso da una pagina Instagram in cui si invitavano i follower a dare un voto da 1 a 10 all’aspetto della piccola Luna Marì. Un contenuto giudicato da molti profondamente inappropriato, offensivo e persino pericoloso. Tra le voci più dure è spiccata quella di Ema Stokholma, conduttrice radiofonica e volto noto dello spettacolo, che ha deciso di prendere posizione senza mezze misure. «Ma cosa state facendo ai vostri figli? Mi sa che non vi rendete conto dei danni e del pericolo di mostrarli sempre (devo ricordarvi che razza di uomini ci sono in rete?). Tra l’altro solo e soltanto per dei like! Non dimostrate per nulla di volergli bene. Anzi!», ha scritto Ema in una storia destinata a far discutere.
Un’accusa diretta, non solo ai genitori vip, ma a tutti coloro che, in cerca di consenso online, espongono bambini inconsapevoli a dinamiche di giudizio e visibilità che potrebbero avere conseguenze gravi.
La replica di Belen: “Questo è il mio album pubblico”
Belen, però, non ha esitato a replicare. Come aveva già fatto in passato Fedez, anche lei ha puntato il dito contro l’invadenza dei paparazzi e l’ossessione mediatica che da anni ruota intorno alla sua famiglia. Pochi giorni fa Belen aveva spiegato: “Esposta a cosa? La gente qui vive con il cellulare puntato su di me e sui miei figli! Non siamo più nel periodo dell’analogico. Lei è mia figlia e questo Instagram è il mio album pubblico (perché decido io per noi) di ricordi e momenti meravigliosi per me”.
Parole che pongono l’accento su un’altra verità scomoda: la linea tra vita privata e pubblica, nel mondo social, è ormai sempre più sottile, e il diritto a condividere i propri momenti familiari entra in collisione con la responsabilità di proteggere i minori da possibili rischi.
Ha ragione Ema Stokholma?
Il caso di Belen e Luna Marì riaccende i riflettori su un tema di fondo che riguarda molti genitori, vip e non solo: fino a che punto è lecito condividere foto dei propri figli online? E soprattutto: chi tutela i diritti dei minori nell’era digitale?
C’è chi sostiene che ogni genitore abbia il diritto di decidere per i propri figli, e che – se vissuta con leggerezza e rispetto – la condivisione possa anche diventare un modo per costruire ricordi. Dall’altro lato, però, ci sono voci sempre più forti che mettono in guardia dai rischi: esposizione a commenti molesti, uso improprio delle immagini, perdita del diritto all’oblio.
E non è tutto. A preoccupare è anche la dinamica del consenso: una bambina di quattro anni non può decidere se desidera o meno essere esposta a migliaia (o milioni) di utenti, né comprendere le implicazioni di ciò che viene pubblicato.
Luna Marì e il “gioco” della modella: innocenza o condizionamento?
Secondo quanto raccontato da Belen, la piccola Luna ama mettersi in posa, giocare a fare la modella, imitare la mamma o la zia Cecilia, entrambe abituate al mondo dello spettacolo. Ma quanto c’è di spontaneo in questo desiderio e quanto è frutto dell’ambiente in cui cresce?
È una domanda difficile, che tocca il confine tra spontaneità e condizionamento. E che ci obbliga a riflettere su un’altra questione: stiamo crescendo una generazione già educata a “performare” per i social? Ha ragione Ema Stokholma?