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Simona Ventura, il trauma dell’aborto lo porta ancora dentro e lo confessa a Paola Perego (Foto)

Simona Ventura parla dell'aborto a 19 anni nella prima puntata di Non disturbare condotto da Paola Perego (foto)


Simona Ventura ieri sera nel programma Non disturbare di Paola Perego è apparsa molto più fragile di ciò che vuole apparire, allo stesso tempo forte nel raccontare dell’aborto a 19 anni (foto). Non è la prima volta che la Ventura parla del trauma subito quando era solo una ragazzina, poco prima della maturità. Nel libro uscito di recente aveva raccontato per la prima volta il dolore più grande della sua vita ma alla Perego in quella stanza d’albergo tra una confidenza e una risata ha tirato fuori un po’ come una punizione quei momenti. Un trauma terribile ma l’aborto a 19 anni le sembrava l’unica soluzione possibile, non dice di essersi pentita, non pronuncia quelle parole ma parla della ferita che resta, dei suoi pensieri che vanno spesso alla bimba che non è mai nata e aggiunge anche altro. La conduttrice e Carolyn Smith sono state le prime due protagoniste di Non toccare in seconda serata su Rai 1, due donne che hanno molto da dire, ognuna a modo proprio, ognuna con la propria forza, con gli errori, con i dolori che portano dentro o sulla pelle.

SIMONA VENTURA PARLA DELL’ABORTO A 19 ANNI

Simona Ventura tira fuori quei momenti di tanti anni fa: “Nel primo rapporto sessuale a 19 anni sono rimasta incinta. Rimane una ferita – poi prosegue – Lui era un grande amore. Non gli ho mai detto nulla, perché era una mia scelta e per anni mi ha creato delle conseguenze psicologiche”. Nessuno sapeva niente, solo sua madre.

Nel libro ovviamente è stato più semplice descrivere quei momenti, parlare della scelta e di quel dolore: “Un dolore terribile… All’età di 19 anni, dopo il mio primo rapporto sessuale, rimasi incinta. Decido di abortire, una scelta sofferta, che non rifarei mai più nella vita. Un’esperienza traumatica – ha scritto la conduttrice –  capitata pochi mesi prima dell’esame di maturità. Mio padre non lo sa ancora e il padre di quel bambino non lo saprà mai. Ad accompagnarmi in ospedale, un ospedale torinese, fu mia madre. Penso spesso a quel bambino mai nato. Anzi, a quella bambina. Perché sarebbe stata una femmina – poi ha aggiunto – Ero così giovane, inesperta, venni presa dal panico”.



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