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Cadavere mutilato Roma, collezionista di organi: ci sono tracce

Una traccia dell’assassino sul filo di ferro usato come una sorta di manico per trasportare come una valigia, il tronco senza testa né gambe, della vittima. Minuscoli frammenti di pelle, o forse una labile traccia di sangue. Ora è stata affidata ai test di laboratorio la speranza di riuscire a risolvere il caso della donna […]


Una traccia dell’assassino sul filo di ferro usato come una sorta di manico per trasportare come una valigia, il tronco senza testa né gambe, della vittima. Minuscoli frammenti di pelle, o forse una labile traccia di sangue. Ora è stata affidata ai test di laboratorio la speranza di riuscire a risolvere il caso della donna mutilata ed eviscerata, ritrovata sul ciglio della strada, a Via di Porta Medaglia l’8 marzo scorso.

Un cadavere che a tutt’oggi resta senza nome, nonostante le ricerche siano state estese a tutta Europa.

Gli esperti della scientifica stanno analizzando il filo metallico che il killer ha conficcato nel corpo della donna, in quanto se l’assassino non portava dei resistenti guanti da lavoro, al momento del trasporto, è molto probabile che abbia lasciato tracce di tessuto epiteliale.
Le tracce biologiche prelevate dagli esperti della scientifica saranno quindi comparate con quelle presenti nella banca dati delle forze dell’ordine, in quella delle persone scomparse, in quella contenente il dna dei familiari di persone di cui si sono perse le tracce, e in quella in cui è contenuto il dna di altri resti umani ancora senza nome, ritrovati negli ultimi anni.

Per i magistrati di piazzale Clodio resta, infine, molto scetticismo sull’ipotesi del serial killer. «Fino a questo momento non sono emersi elementi sovrapponibili a casi passati», spiegano gli inquirenti.

Una nuova ipotesi, completamente diversa, sarebbe quella di un delitto maturato nell’ambiente dei narcotrafficanti.

La donna uccisa potrebbe, quindi, essere una “ovulatrice”, una dei corrieri che partono dal Sud America con la pancia piena di involucri di cocaina.

La donna, potrebbe aver cercato di tenere una parte del carico per sé, ma una volta scoperta potrebbe essere stata punita con la morte, e poi essere stata sventrata per il recupero degli ovuli. C’è da rilevare, inoltre, che i corrieri della cocaina sono sempre incensurati e non attraversano mai la frontiera dello stesso Paese per più di due volte.

Queste sono solo ipotesi, ricostruzioni effettuate da chi indaga, ma ad oggi ancora nulla è dato per certo.
Nei prossimi giorni sono attesi i risultati delle analisi di laboratorio sul materiale organico prelevato sotto le unghie della donna e quelli sui rilievi ambientali effettuati sul luogo del ritrovamento del corpo e si spera di dare qualche risposta ad un’inchiesta piena di incognite.

Giusy Cerminara



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