Impagnatiello vende tutto per risultare nullatenente. La sorella di Giulia: “siete la feccia”
I familiari di Impagnatiello sono stati condannati per la vendita della sua macchina. Cercava di risultare nullatenente. La sorella di Giulia: "feccia"
Il Tribunale civile di Milano ha fatto chiarezza su un episodio che ha suscitato indignazione e rabbia. Alessandro Impagnatiello, già condannato all’ergastolo in primo e secondo grado per l’omicidio di Giulia Tramontano e del bimbo che portava in grembo, è risultato nullatenente anche grazie a una manovra volta a sottrarre beni al risarcimento dovuto alla famiglia della vittima.
Impagnatiello ha cercato di vendere tutto dopo l’omicidio
Il nodo centrale riguarda la Volkswagen T-Roc con cui Impagnatiello, nel maggio 2023, trasportò per tre giorni il cadavere di Giulia Tramontano. Quell’auto, comparsa in molte immagini di cronaca, non fu mai sequestrata subito dopo il delitto: un errore che emerse solo nel 2024, all’avvio del processo. Proprio in quel periodo, i familiari di Giulia scoprirono che la vettura era stata venduta a Laura C., 36 anni, cognata dell’ex barman. Una compravendita che sin dall’inizio apparve sospetta e che oggi i giudici hanno riconosciuto come un atto simulato, compiuto con il solo obiettivo di evitare che l’auto rientrasse tra i beni pignorabili.
La decisione del giudice
Secondo la sentenza firmata dal giudice Francesco Pipicelli, la vendita avvenuta nell’agosto 2023 per soli 10 mila euro – a fronte di un valore reale di circa 20 mila – fu effettuata «all’esclusivo fine di sottrarre il bene alle ragioni creditorie dei familiari di Giulia Tramontano».
La cognata è stata dunque condannata a risarcire la famiglia con l’equivalente del valore dell’auto, ossia 20 mila euro, più 5 mila euro di spese legali. Una cifra che copre soltanto una piccola parte del maxi risarcimento stabilito nei confronti di Impagnatiello.
Il ruolo della famiglia di Impagnatiello
La vicenda dimostra come anche i parenti dell’ex barman abbiano tentato di proteggere il condannato. Il fratello di Impagnatiello, Omar, aveva ricevuto una procura speciale per gestire conti e beni dopo l’arresto. È stato lui a curare la vendita dell’auto alla moglie. Non solo: nell’ottobre 2024 la vettura fu perfino denunciata come rubata. Ma l’assicurazione rifiutò di pagare, ritenendo la dinamica del presunto furto «anomala e non riconducibile ai danni dichiarati».
La rabbia dei familiari di Giulia
La sentenza ha sollevato nuovamente l’indignazione dei Tramontano. Chiara, sorella di Giulia, ha scritto un duro post sui social contro l’intera famiglia Impagnatiello: «Cari giudici, questa è la feccia umana che vorrebbe accedere alla giustizia riparativa. Famiglia di assassini ignoranti».
L’avvocato della famiglia, Giovanni Cacciapuoti, ha chiarito che l’obiettivo principale non era ottenere denaro, ma impedire che quell’auto – simbolo di un delitto atroce – potesse ancora circolare. Proprio perché inizialmente era stato sequestrato soltanto il pianale dell’auto, dove erano state trovate tracce di sangue, e non l’intero veicolo.